una fogliata di libri

Il patto dell'acqua

Federica Bassignana

Abraham Verghese, Neri Pozza, 736 pp., 22 euro

Il Signore dà e il Signore toglie”, diceva Giobbe. E per credenti e non, questo è il destino di ogni vita, che avanza – senza mai chiedere il permesso – per addizioni e sottrazioni, cieca all’accettazione come al dissenso di ognuno. Di vita, il nuovo romanzo di Abraham Verghese, ne è colmo e trapela da ogni riga, e di morte, pure. Il patto dell’acqua è un libro che esige da parte del lettore un accordo di consapevolezza: farsi trasportare per mano in un’India antica, una cultura salda nella fede, una terra plasmata dall’acqua dove corsi e specchi d’acqua sono tutti collegati come in un unico, misterioso e immenso labirinto. Un viaggio che inizia nel 1900, a Travancore, Costa di Malabar, nell’estremità meridionale dell’India: una bambina di dodici anni, senza dote, orfana di padre e proveniente da una povera famiglia della comunità cristiana di San Tommaso, viene data in sposa a un uomo di trent’anni più anziano di lei, vedovo e padre di un figlio, sulla cui famiglia si dice gravi una maledizione: almeno una persona per ogni generazione muore annegata. Di fronte a una sorte che la vuole piegare, nell’orrore del distacco, la protagonista drizza le spalle, alza il mento e accoglie il nuovo corso della vita: “Il caos e il dolore nel mondo di Dio sono misteri imperscrutabili, eppure la Bibbia le insegna che c’è un ordine in tutto questo. Come direbbe suo padre: la fede è sapere che c’è uno schema, anche se non lo vediamo”. La casa del marito, a Parambil, non le è famigliare da subito per un aspetto essenziale: è lontana dall’acqua, il suo elemento e quello del suo paese, che ha “nel verde la sua bandiera e nell’acqua la sua moneta”. Ma ogni cosa ha il suo tempo, ed è a Parambil che la protagonista diventerà “Grande Ammachi”, matriarca che per sette decenni sarà il centro incrollabile di questa terra e della sua comunità. Attorno a lei si srotolano altre storie, nel ritmo di una saga famigliare che racchiude ogni spettro dell’esperienza umana, tra nuove nascite e tragiche morti, dove lo sfondo è un’India travolta dal fervore del cambiamento politico e culturale ma rimane fondata sulle caste, dove le etichette contano – perché “Non puoi camminare su un lago solo perché hai deciso di chiamarlo terra”, dice Grande Ammachi. Una fittissima e commovente trama, che insegna come planare sulle tragedie dall’alto grazie alla più luminosa delle arti, quella dell’ostinata resistenza della vita che sa guardare oltre – e sciogliere – ogni mistero. 

 

Il patto dell’acqua
Abraham Verghese
Neri Pozza, 736 pp., 22 euro