Noi siamo luce

Giorgia Mecca

La recensione del libro di Gerda Blees, Iperborea, 238 pp., 17 euro

Volevano vivere di luce, luce e basta, rinnegare il corpo e i suoi bisogni, dimenticare la fame, il mondo che c’è lì fuori, sporco e glorioso. “Noi siamo cellule piene di vita. Noi siamo niente. Noi siamo già tutto”, ripetono come un mantra i protagonisti di questo romanzo, Melodie, Elizabeth, Muriel e Petrus, quattro ragazzi scheletrici che scelgono di vivere di aria e musica nella comunità “Suono e Amore”. Nemmeno i loro respiri sono convinti, come se avessero paura di immagazzinare troppo ossigeno. Una notte Elizabeth muore di denutrizione, il medico legale che le fa l’autopsia, pesandole il cuore, 189 grammi, esclama: “E’ il peso del cuore di un cane”. 

 

Comincia con una donna che smette di vivere il romanzo della poetessa olandese Gerda Blees Noi siamo luce, tradotto in italiano da Claudia di Palermo e vincitore del premio dell’Unione europea per la letteratura nel 2021. Elizabeth era magra, grigia in volto, fredda, perennemente fredda, senza saliva e senza volontà. I suoi compagni di digiuno non hanno fatto niente per impedire la sua morte. Accusati di omicidio colposo per non essere intervenuti rispondono: “Perché intervenire in un processo naturale? Una vita che vuole finire può finire. Un corpo che esausto è esausto”. Il libro trae origine e ispirazione da un fatto di cronaca avvenuto nel 2017, quando una donna morì all’interno di una casa condivisa di Utrecht e racconta le ore dopo il decesso, l’arresto, la prigione, e a ritroso la vita anoressica di quattro ragazzi fragili. 

 

La narrazione è originalissima, Blees affida la prima persona a soggetti diversi in ogni capitolo: la notte, il dubbio, i vicini di casa, il pane quotidiano rinnegato, la dissonanza cognitiva e quella brutta sensazione che ci assale quando i fatti non coincidono con le nostre cognizioni. Ogni organo del corpo di Elizabeth soffre di atrofia, e la spiegazione arriva da lontano, dal fatto di non sapere che cosa si prova “a essere toccati all’interno da una mano amorevole”. Elizabeth è morta, si è lasciata morire, e i suoi coinquilini che non l’hanno salvata sono troppo fragili per andare in prigione; Melodie continua a ritenersi nel giusto: “Noi non daremo giudizi sulla sua scelta. Scegliere sta a lei e a voi guardare. L’unica cosa che possiamo fare è rimanere lì con lei, illuminarle il volto, carezzarle le mani”.

 

Noi siamo luce
Gerda Blees
Iperborea, 238 pp., 17 euro

 

Di più su questi argomenti: