una fogliata di libri

Il problema del male in Giacomo Leopardi

Maurizio Schoepflin

La recensione del libro di Veronica Di Paolo, Solfanelli, 80 pp., 8 euro

Ormai è ampiamente diffusa e ben argomentata la tesi secondo cui Giacomo Leopardi, oltre che altissimo poeta, è stato un pensatore di notevole spessore. E non manca chi lo considera uno dei maggiori filosofi italiani dell’Ottocento. Certo è che nella produzione leopardiana, in particolare in quella in prosa, è facile reperire un significativo insieme di riflessioni su alcune questioni che occupano un posto centrale nella vita umana. Tra queste spicca quella relativa alla presenza del male e del dolore, che, peraltro, trova costantemente spazio anche nelle poesie, alcune delle quali propongono al lettore idee e dottrine che niente hanno da invidiare a opere di stampo decisamente filosofico.

 

Il breve lavoro di Veronica Di Paolo è concentrato proprio sul problema del male, che tanto coinvolse il genio recanatese. Inizialmente, l’autrice ricostruisce il percorso che condusse Leopardi dal pessimismo storico al pessimismo cosmico, soffermandosi in particolare a delucidare la teoria del piacere, che, a giudizio dell’autrice, rappresenta il punto di partenza di tutto il cammino che condusse il sommo poeta fino all’approdo definitivo, costituito dalla certezza dell’esistenza di un male radicale “intrinseco all’esistenza umana e cosmica”.

 

Nel secondo capitolo, la Di Paolo prende in considerazione il tema della noia e quello del suicidio. La parte conclusiva del lavoro è dedicata ad alcuni interessanti approfondimenti delle questioni della morte e del nulla. La conclusione della Di Paolo lascia comunque aperto uno spiraglio alla speranza: “Non possiamo non riconoscere – ella scrive – l’insensatezza dell’esistere; ma non possiamo fare a meno, come Leopardi, di confidare nella possibilità di una condizione diversa da quella che quotidianamente esperiamo, nell’esistenza di un senso non mondano che sia in grado di ridare valore all’esistere”.

 

Particolarmente interessante è l’appendice del libro, nella quale viene proposta una sintetica storia della critica leopardiana, a partire dai contributi ottocenteschi di Pietro Giordani, che intuì la grandezza filosofica di Leopardi, e di Vincenzo Gioberti, il quale, pur non condividendo il materialismo e il pessimismo leopardiani, ravvisò nella poesia del recanatese non “un morbo del cuore”, ma “una necessità dello spirito”. Alcuni cenni vengono riservati all’importante interpretazione che dell’opera di Leopardi dette Francesco De Sanctis, il quale negò a essa valore filosofico, ritenendola figlia della passione e non della razionalità. 

 

Il problema del male in Giacomo Leopardi
Veronica Di Paolo
Solfanelli, 80 pp., 8 euro

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