
Liquefatto
La recensione del libro di Hilary Tiscione, Alessandro Polidoro Editore, 170 pp., 14 euro
Ci sono crisi che arrivano da dentro e altre che arrivano da fuori: quasi sempre si compenetrano e sono l’una dell’altra la rifrazione, un frontale nella nostra superstrada interiore. Quello che la genovese Hilary Tiscione fa in Liquefatto, uscito da poco per Alessandro Polidoro Editore, è prendere la vita in crisi di Maddalena e farcela vedere così: in un modo che sembra allo stesso tempo accelerato e al rallentatore, come un’arancia (parola chiave) che viene spremuta in slow-motion.
Maddalena è fidanzata con Romano, ma lo tradisce ripetutamente con diverse persone, non lo ama da tempo e non sa come liberarsene, o forse si è rassegnata. Un giorno lui regala a lei e alla sua amica Lia un biglietto andata e ritorno per Los Angeles, e qui inizia il viaggio dentro cui si dipana il romanzo: la città degli angeli e poi il deserto del Mojave, Las Vegas, il paradiso e l’inferno (per davvero). Insieme a loro c’è Tito, vecchio amico e amante di Maddalena, un gigante buono con la passione del gioco d’azzardo e il sogno di possedere un orologio d’oro, che vive da anni a Los Angeles e ha il doppio ruolo di anima perduta e di loro salvatore. Gli umani di questa storia, tre amici lanciati verso il sogno e lo sbando, proteggono un segreto, ovvero che Maddalena è incinta di un bambino non voluto (anche se Lia pensa sia una bambina perché è accanita), molto probabilmente di Romano. Non è un libro, questo, da leggere per sentire conforto o per evadere; è un libro da leggere, piuttosto, per farsi incarcerare beati nella luce della California, nei pianti che tagliano la gola e nel battito della cocaina.
È la vostra lettura dell’estate se volete l’adrenalina, e se malgrado una scrittura non semplice, che assorbe e rifrange l’esperimento in perenne evoluzione della mente di un essere vivente, il suo discorso interno e le sue impressioni, malgrado questo, non riuscite a smettere di leggere, e volete sapere come va a finire, o a cominciare. Non è un testo di facile accesso, ma c’è un detto che fa: se non si apre non è la tua porta, e vale nella vita come nei libri.
“Non sapevo che gli aerei avessero le scale. Sono tuffate in un flusso di luce e riflettono come carta stagnola. Come la pelle vergine e immacolata della donna. Ci sono porte a destra e a sinistra, sembra l’area di servizio di un’autostrada; strette porte di alluminio che non dicono quale sesso le può varcare. Mi sento nello scantinato al neon di un palazzo in cielo”. Questo è un esempio, e non è ancora niente. La scrittura di Hilary Tiscione, qui al suo esordio, è il proscenio di un teatro durante un’opera rap.
Liquefatto
Hilary Tiscione
Alessandro Polidoro Editore, 170 pp., 14 euro

Una fogliata di libri
Un po' di ordine sul genere del saggio, romanzo d'avventure delle idee


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