Storia dell'idea di tempo

Maurizio Schoepflin

Recensione del libro di Henri Bergson edito da Mimesis (434 pp., 25 euro)

Premio Nobel per la Letteratura nel 1927, il parigino Henri Bergson, vissuto tra il 1859 e il 1941, è stato un filosofo di grande rilievo, la cui speculazione si è dimostrata capace di lasciare una traccia importante in numerosi campi del sapere. Molto noto e apprezzato in vita (si racconta che le signore della Parigi bene mandassero qualcuno della servitù a occupare con largo anticipo i posti delle sale ove egli teneva le sue conferenze e lezioni, tanto esse erano affollate), Bergson ha conosciuto un certo oblio quando si sono affermate filosofie di stampo positivista e materialista, da lui sempre decisamente avversate. Fra i temi centrali del pensiero bergsoniano spicca quello del tempo: si tratta, come è noto, di un argomento discusso e approfondito da pensatori di ogni epoca – come non ricordare, a questo riguardo, i fondamentali contributi arrecati, in momenti storici molto diversi, da sant’Agostino, Immanuel Kant e Martin Heidegger? –, che il filosofo francese riprese e rielaborò con particolare originalità. Egli, infatti, ravvisò proprio nella temporalità l’elemento chiave in grado di scardinare la concezione scientista dell’uomo e del mondo e di riproporre in tutto il suo valore la dimensione metafisica della realtà, che rischiava di essere completamente dimenticata, cosa che appariva davvero deprecabile ai suoi occhi di convinto spiritualista. Tra il 1902 e il 1903 Bergson tenne al prestigioso Collège de France un corso dedicato proprio alla “Storia dell’idea di tempo”, ora proposto per la prima volta nella sua interezza in italiano. In quegli anni, il Nostro insegnava pure Filosofia greca e latina, e ciò traspare con chiarezza anche a motivo dei numerosi richiami che egli fa a grandi figure della classicità, a Platone e Plotino soprattutto. A questo riguardo, è interessante ricordare che proprio l’ascolto delle lezioni bergsoniane sulla metafisica classica affascinò profondamente il celebre pensatore francese Jacques Maritain e la sua futura moglie Raissa che, allora giovani studenti, trovarono in esse un orizzonte di pensiero capace di superare il disperante nichilismo a cui stavano andando incontro. Bergson rilegge criticamente il messaggio dei greci, soffermandosi in particolare sulle Enneadi, il capolavoro di Plotino, che viene messo in relazione col pensiero di Leibniz, il celebre filosofo tedesco nato nel 1646 e morto nel 1716.

E non casualmente l’ultima lezione si conclude proprio con un richiamo all’antichità: “L’obiettivo dei primi tre anni di questo corso – afferma Bergson – era, come avevo annunciato al principio, quello di individuare le trasformazioni che la filosofia antica ha subìto nei tempi moderni; trasformazioni che mai sono state radicali ma, sempre, sono state dominate dalla stessa concezione generale della filosofia: quella di cercare ciò che chiamavo, tre anni fa, all’inizio, la direzione della curva, che la filosofia deve seguire”. 

 

Storia dell’idea di tempo
Henri Bergson
Mimesis 434 pp., 25 euro

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