Diario 2000

Alessandro Moscè

Valentino Zeichen
Fazi, 361 pp., 18,50 euro

Valentino Zeichen è stato un poeta di rilievo, acuto osservatore di ciò che non si vede e che appartiene al passato remoto scomparso nella civiltà romana di Ottaviano Augusto. Ha scrutato il mondo da una specola (la baracca alle pendici di Villa Strohl-Fern a Roma, in via Flaminia) dove visse e scrisse per più di cinquant’anni captando come un astrologo mondi scomparsi, storie alimentate dal sarcasmo, corti, salotti, glorie sociali, eroismi militari. Ma anche incontri, cene, ammonimenti, polemiche incentrate nel presente, rapporti con poeti e critici, con uomini e donne dello spettacolo ecc. In Diario 2000 (Fazi 2019), la sua partitura transita, con un’ironia pungente, in un’aria stralunata e un po’ crepuscolare, dentro i perturbamenti e le inquietudini quotidiane. Gli aspetti vitali dimostrano come gli artifici e le combinazioni assumano una valenza mai effimera nei numerosi flashback. “Saranno trenta volte che riscrivo, ma senza alcun esito, una poesia che dovrebbe sostituirne un’altra, già inserita nel libro, che non pare all’altezza delle altre”. Valentino Zeichen riflette con nonchalance, ricrea un ambiente, una tattica, un posizionamento quasi difensivo dal mondo. Si pone in ascolto e smitizza il ruolo del poeta come un disinteressato attore (autore). Gli eventi che lo interessano confluiscono nelle brevi prose legate ad impressioni in serie (“Negli artisti commensali non vedo nessun senso di vertigine, neanche qualche linea di febbre spirituale. Manca quel senso di decadenza da Belle Epoque, che prende la gente per la gola a ogni fine di secolo; che fa sì che le opere d’arte somiglino a fuochi d’artificio”). Ci sono analisi da neomarziale (attributo che si deve ad Alberto Moravia), la constatazione agrodolce che se i tedeschi lo hanno inserito in un’antologia mondiale di poesia, è sperabile che qualche italiano gli assegni un equivalente riconoscimento. “Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio” chiude il libro (la raccolta poetica fu pubblicata da Fazi nel 2000). E’ una delle più belle raccolte del poeta nato a Fiume e trasferitosi a Roma subito dopo la guerra (è venuto a mancare nel 2016). Il tributo a Roma si dipana lungo strade e monumenti. Il luogo è aperto per una continua sosta, per un andare e un non fermarsi. Le curiosità forniscono un’identità storica non solo nei volti, ma anche nel noumeno dietro l’immagine, come anima nascosta. Le rovine e le fontane, il tessuto urbano e il tempo memorabile che fa da sfondo elargiscono un lumeggiare tra i reperti nelle visite accurate, tra invenzioni singolari e riferimenti recuperati ad una coscienza sopita (“Lungo il Muro Torto / per dove si estende l’odierna Villa Borghese / c’era una fossa comune, / cimitero di senza nome”). La colonna Aureliana, Piazza del Popolo, il Gianicolo e altri luoghi fotografati appaiono dei miraggi, occasioni da non perdere. Il poeta, metaforicamente, prende in mano il calco di Roma, lo studia, lo fa suo. Ma fa sua, nel diario, anche la propria vita: “Se ne valutano gli errori, come se si fosse in un laboratorio degli atti”.

 

Diario 2000
Valentino Zeichen
Fazi, 361 pp., 18,50 euro

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