La formula. Le leggi universali del successo

Federico Morganti

Albert-László Barabási
Einaudi, 232 pp., 26 euro

Le scienze sociali sono generalmente considerate meno rigorose di quelle naturali, per la maggiore vicinanza dell’osservatore, e soprattutto per le maggiori difficoltà legate alla misurazione. Non è un motivo per gettare la spugna, tutt’al più per usare cautela, e ogni tanto si possono anche raggiungere risultati apprezzabili. Lo ha fatto di recente Albert-László Barabási, uno dei maggiori esperti di network science al mondo, su un tema, il successo, per il quale il senso comune aveva già le sue risposte. Per arrivare al successo ci vuole molto talento e un po’ di fortuna. Barabási crede poco nella fortuna, e la sua analisi muove piuttosto dall’idea che il successo sia un fenomeno sociale, non individuale (una di quelle affermazioni che sembrano ovvie, ma solo dopo che qualcun altro le ha fatte). E così, alla domanda “qual è il collegamento tra successo e prestazioni?”, risponde che sì, le ottime prestazioni sono la via per il successo. Ma se in alcuni casi esse sono misurabili, come nel tennis, in altri, come nell’arte, non lo sono. In quel caso a determinare il successo sono le reti. Gli artisti che raggiunsero una maggiore notorietà sono quelli che riuscirono a costruire attorno a sé un network di curatori, storici dell’arte, case d’asta, collezionisti.

 

Il talento, insomma, è anche nelle relazioni. E mentre la performance non sempre può migliorare, il successo può sempre crescere. E’ facile distinguere un vino eccellente da uno mediocre, o un disco rock innovativo da una minestra riscaldata; è assai più difficile premiare il migliore tra due vini o due artisti eccellenti. In altre parole, c’è sempre una soglia oltre la quale è più remunerativo investire sul network, sul “farsi conoscere”, che sulla performance. Il successo è una strana bestia, e per strano che possa sembrare uno dei suoi ingredienti più essenziali è il successo passato. Per questo può convenire per il lancio di un’idea veicolare l’impressione che essa sia già apprezzata. Se cercate finanziamenti per un progetto, fate voi la donazione iniziale; se volete che le persone comprino il vostro libro, scrivete voi le prime recensioni (l’avrà fatto anche Barabási?). E questo dice molto su come funziona non soltanto il successo, ma anche il nostro giudizio.

 

Insomma, più che una “formula” (ché di formule, numeri e grafici non c’è traccia) il libro è una serie di indicazioni su cosa permette al talento di emergere. Contro un’idea di meritocrazia naif ma diffusa, suggerisce che premiare i migliori in senso assoluto è un’utopia, perché il mercato ha bisogno che l’eccellenza sia segnalata all’interno di un tessuto di relazioni sociali. L’unico rischio, per un lavoro che vuole costruire una “scienza” del successo, è aver sottovalutato un elemento che la scienza rischia spesso di mettere in disparte, e cioè il caso. Ma siamo certi che perfino Barabási sia disposto ad ammettere che al successo serva talvolta anche la classica botta di culo.

  

La formula. Le leggi universali del successo
Albert-László Barabási
Einaudi, 232 pp., 26 euro

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