Lezioni di psicologia filosofica

Luca Sbordone

Ludwig Wittgenstein (a cura di Luigi Perissinotto), Mimesis, 190 pp., 18 euro

Che cosa significa pensare? Come so che ciò che chiamo dolore è la stessa esperienza che attribuisco a un’altra persona quando la vedo lamentarsi?

 

Dopo aver concluso la stesura della prima parte delle Ricerche Filosofiche, Wittgenstein si dedicò intensamente a domande di questo tipo, che ruotano attorno a concetti psicologici. Oltre a confluire nelle Ricerche e in altri manoscritti, le riflessioni sulla psicologia sono al centro dell’ultimo ciclo di lezioni che Wittgenstein tenne a Cambridge (1946-47), prima di rinunciare all’insegnamento universitario.

 

Non esiste un testo ufficiale di questo corso. Possiamo però farci un’idea abbastanza precisa dei suoi contenuti grazie agli appunti e ai resoconti di tre studenti. Quelli di Peter Geach, i più estesi e probabilmente i più fedeli, sono ora disponibili in traduzione italiana per l’editore Mimesis. Li introduce un’eccellente prefazione di Luigi Perissinotto, che inquadra con chiarezza l’intricato universo di questioni filosofiche che sta dietro queste pagine: dense e talvolta oscure, non solo per via dello stile caratteristico di Wittgenstein, ma soprattutto per la natura “tentativa” e dialogica del seminario universitario.

La psicologia scientifica si propone di indagare i fenomeni mentali tramite il metodo sperimentale. A differenza di altre scienze, però, i concetti che usiamo per descrivere i fenomeni psicologici (come pensare o provare un’emozione) sono confusi: appartengono innanzitutto al linguaggio quotidiano, e non sono stati inventati allo scopo di catalogare e spiegare osservazioni scientifiche. Questa confusione concettuale rende problematico il metodo stesso scelto dalla psicologia. Infatti, le osservazioni sperimentali (di natura introspettiva o comportamentale) sembrano essere in una relazione circolare con i concetti psicologici che dovrebbero servire a elucidare. Dice Wittgenstein: “Se dico a qualcuno di osservarsi mentre pensa, costui deve già sapere che cosa sia pensare”.

 

Proprio perché i concetti psicologici sono parte del linguaggio ordinario, il loro significato va chiarito prima di tutto all’interno dei “giochi linguistici” quotidiani di cui fanno parte, ovvero i contesti grammaticali e pragmatici nei quali siamo stati “addestrati” a impiegarli all’interno di una comunità. L’obiettivo non è sviluppare una teoria, quanto piuttosto mappare la fitta rete di connessioni tra le categorie psicologiche del linguaggio ordinario: non per trovare definizioni o spiegazioni (“Se tentate di applicare una spiegazione, sprofondate in un mare di eccezioni”), bensì somiglianze di famiglia e regolarità d’uso.

 

Attorno a questa impalcatura, Wittgenstein intesse il filo degli argomenti familiari ai suoi lettori: l’impossibilità del linguaggio privato, il seguire una regola, il significato come uso. Lo stile frammentario degli appunti offre però uno spiraglio privilegiato per osservare il filosofo al lavoro insieme ai suoi studenti, mentre fa e disfa ossessivamente la tela delle sue argomentazioni. 

 

LEZIONI DI PSICOLOGIA FILOSOFICA

Ludwig Wittgenstein (a cura di Luigi Perissinotto)

Mimesis, 190 pp., 18 euro

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