recensioni foglianti

La compagnia delle illusioni

Giuseppe Fantasia

Enrico Ianniello
Feltrinelli, 271 pp., 17 euro

Le mattinate di Antonio Morra iniziano tutte allo stesso modo: rimanere per un’ora chiuso a chiave nel bagno della casa che divide con sua sorella e sua madre, tra gli strilli della prima – “il gallo di casa” che gli rimprovera di non fare “un vero lavoro” – e le comprensioni e i sorrisi della seconda che si limita ad assistere a quei siparietti famigliari dalla sedia a dondolo. Il “problema” di quel fascinoso cinquantenne è che il suo passato – quello di un attore divenuto famoso con “Tutti a casa Baselice”, la serie tv in cui era il portinaio impiccione Raffaele, gestore di un “registro delle infedeltà” in cui vi annotava chi si era messo o lasciato con chi – sembra non ritornare in un presente in cui, la sola speranza è rinchiudersi in quella stanza tutta per sé (ma a tempo), in attesa di una telefonata, perché quello è l’unico posto dove prende il telefono. Siamo a Napoli, città maestra nell’arte dell’arrangiarsi dove tutto è (ancora) possibile, perché lì la realtà “va veloce, si traveste e si trasforma” e la gente “è più capace degli attori a cambiare un personaggio, vita, idee e morale”. Oggi Antonio ha meno sogni e volontà di un tempo, ha una monocamera in via Toledo (detta “Proteino”) affittata per provare le parti teatrali del piccolo gruppo amatoriale di cui fa parte o quelle che gli vengono assegnate all’occorrenza dalla Compagnia delle Illusioni, un gruppo segreto e speciale di attori sconosciuti e con soprannomi (il suo è ’O Mollusco), pronto a intervenire sulla realtà per modificarla secondo la volontà del committente. Il capo è la misteriosa Zia Maggie, un capocomico che li gestisce come marionette per fargli cambiare e forzare – senza però mai imitare – quella stessa realtà, perché “le persone non vedono ciò che è vero, ma rendono vero quello che desiderano vedere”.
Uno come lui che non ha mai avuto personalità e che ha solo il ricordo di una donna da amare (Lea) e una con cui fantasticare (la barista Beatrice), sa che “il fiore dell’illusione – come recita il lemma della Compagnia citando Paul Claudel – produce il frutto della realtà”. Lo sa molto bene anche Enrico Ianniello che, prima di essere un traduttore e uno scrittore molto apprezzato (ricordate La vita prodigiosa di Isidoro Sifflotin, già vincitore del Premio Campiello Opera Prima?), ha iniziato proprio sul palcoscenico che oggi alterna alla tv. Ce lo ricorda in queste pagine dolceamare come la vita, malinconiche ed esilaranti, ricche di humour partenopeo e di analisi sociale in cui, a farla da padrone, sono il gioco delle maschere, la speranza, la riflessione sull’identità e su come formiamo il nostro carattere in relazione all’altro.
L’illusione è del tutto necessaria, ma bisogna stare molto attenti perché viene da in ludere, che è lo stare in gioco, quello da cui (e dove) nasce il tutto. 

 

LA COMPAGNIA DELLE ILLUSIONI
Enrico Ianniello
Feltrinelli, 271 pp., 17 euro

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