Usare l'Arte per indagare i dubbi sulla propria esistenza

Giulia Ciarapica

La vita di Lou Andreas-Salomé e di Anaïs Nin attraversata dal filo sottile e pungente della scrittura. Un libro

Si può tendere al medesimo obiettivo percorrendo cammini differenti, così come si può essere tanto vicini per esperienze e sentimenti, e tanto lontani per indole e personalità. La meta resta la stessa, a cambiare è tutto il resto. A ottantuno anni dalla scomparsa di Lou Andreas-Salomé (1861-1937) e a quarantuno da quella di Anaïs Nin (1903-1977) esce un saggio di Emanuela Riverso che si intitola “L’Aquila e il Camaleonte. Vita e scrittura di Lou Andreas-Salomé e Anaïs Nin” (Talos Edizioni) che ripercorre in modo piuttosto dettagliato la vita di queste due donne, attraversata dal filo sottile e pungente della scrittura. Non si conobbero mai, vissero due realtà storiche e culturali differenti, ma il loro fu un destino comune, segnato da un’eredità culturale famigliare molto ricca, da un grande spirito critico e soprattutto dal desiderio di comprendere l’animo umano e di cercare risposte nella filosofia, nella letteratura e nella psicoanalisi.

 

Lou e Anaïs non si risparmiarono nelle frequentazioni sentimentali – oltre il matrimonio, ovviamente – ma nonostante questa innata spontaneità nelle relazioni interpersonali, il loro approccio con l’altro sesso fu contraddistinto sempre da una perenne ricerca della figura paterna nel caso di Lou, e da una disperata richiesta di accettazione nel caso di Anaïs. Se per la Salomé la perdita del padre fu un trauma indiscusso, che tuttavia si trovò a superare brillantemente, pregna dell’amore che aveva ricevuto e che l’avrebbe resa la donna sicura e solida che è stata, per Anaïs le cose andarono diversamente: suo padre non voleva una femmina e per questo non l’accettò mai, tanto che quando da bambina si ammalò di febbre tifoide e fu sul punto di morire le disse: “Ora sei proprio brutta, dio, come sei brutta”. Tutto questo non allontanò la Nin dagli uomini, anzi, proprio come Lou, Anaïs cercò sempre l’amore, dietro cui si nascondeva un desiderio di approvazione: non solo con Henry Miller, ma anche quando conobbe il dottor Otto Rosenfeld, conosciuto come Otto Rank (anch’egli ebbe un padre violento e per questo cambiò cognome) la Nin si sforzò di apparire più intelligente e acculturata di quanto non fosse, tanto che Rank le disse: “La confusione crea arte. Troppa confusione crea squilibrio”. Di contro, Lou Salomé non solo non si lasciò mai intimorire da alcun uomo, ma fu la causa di insanabili asprezze fra Paul Rée e Nietzsche. Per lei i rapporti con l’altro sesso terminavano entro i confini dell’amicizia fraterna, generando disagi e malintesi negli uomini che avrebbero voluto un rapporto più intimo. Tutta la vita di Lou, al di là del matrimonio mai consumato con l’iranista Carl Andreas e dei suoi amori extra coniugali, fu all’insegna della conoscenza. Si appassionò ai personaggi femminili dei drammi di Ibsen perché affrontavano il dissidio interiore fra il bisogno di libertà e l’oppressione del contesto sociale in cui si muovevano: tanto per Salomé quanto per Nin, l’obiettivo era lo stesso, cercare attraverso la letteratura e poi attraverso la psicoanalisi le risposte al loro dilemma più grande. Come conciliare le esigenze di scrittura e di vita – che derivavano dallo stimolo del nuovo, dall’energia dell’ignoto, dalla curiosità verso il mondo – con il rapporto coniugale che era riservato alle donne, quasi un dovere di nascita? Le due scrittrici utilizzano l’Arte a tutto tondo per indagare i dubbi sulla propria esistenza: tentano di esplorare il sé con gli strumenti della letteratura e della poesia, che tuttavia per la vivace Salomé sembrano non bastare più. E’ per dare voce a questa esigenza che negli anni Venti del Novecento Lou fa il suo ingresso ufficiale nel mondo della psicoanalisi, instaurando un rapporto epistolare con Freud e partecipando, poi, alle sue lezioni. Anche Anaïs tenta la strada dell’analisi, ma intuisce subito che non è per lei; le mancano alcune doti essenziali, come la costanza, la dedizione e una predisposizione naturale ad ascoltare l’altro. Lou arriva fino in fondo, trasformando lentamente la letteratura in attività scientifica.

 

La vita le ha rese sorelle di intenzione e di sentimenti, ma non di metodo. Tese entrambe allo stesso fine, quello di conoscere l’animo umano e carpirne le “vie di fuga” per immedesimarsi nel ruolo di scrittrici senza perdere l’amore, Lou e Anaïs perseguirono la via dello stupore. Citando proprio Anaïs Nin: “La vita normale non mi interessa. Cerco solo i momenti più intensi. Sono alla ricerca del meraviglioso”.

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