recensioni foglianti

Antologia del ritratto

Roberto Paglialonga

E. M. Cioran
Adelphi, 309 pp., 15 euro

Contro il moralismo. Poteva intitolarsi anche così. Ma sarebbe suonato certamente meno soave. Del resto, l’antologia di ritratti alla quale ci introduce Emil Cioran è una galleria di primi piani in cui non è certo la levità a primeggiare, quanto l’acredine di “pittori” che rappresentarono le inadeguatezze e le piccinerie di tanti protagonisti degli anni rivoluzionari del Settecento francese. Quelli che, in nome di una presunta purezza di alcuni, sfociarono nella forca e nella furia selvaggia contro tutti coloro che ebbero la sventura di trovarsi sulla riva opposta all’incedere della Storia (quanti déjà-vu!). Questi ritrattisti, Cioran – pensatore e filosofo rumeno del Ventesimo secolo, la cui opera è impastata di un pessimismo rapace verso l’uomo e le sue manifestazioni pubbliche e private (basti pensare a La caduta nel tempo o a L’inconveniente di essere nati) – non può che amarli e detestarli al tempo stesso. Trattasi di “manichei da salotto, sedotti da un dualismo aneddotico, ostili o inadatti a quella solitudine con cui si dibatte l’uomo interiore, a tu per tu con se stesso o con Dio”. Abituati a covare risentimenti comodamente seduti nella cerchia dei principi. Saint-Simon, famoso per le sue Mémoires, può così maramaldeggiare sul Reggente, il duca Filippo d’Orléans, come “primo dei dissoluti”. L’enciclopedista Marmontel punge Etienne-Charles de Loménie de Brienne, ministro delle Finanze di Luigi XVI, il quale – anticipando capacità divenute a noi oggi notissime – “in un mondo che tutto sfiora e niente approfondisce, sapeva usare un gergo politico fatto di frasi brevi, di cenni rapidi”. Il camaleontico Talleyrand, monarchico, poi bonapartista, di nuovo campione della Restaurazione, stronca il “teorico della Rivoluzione” Emmanuel Joseph Sieyès: un pusillanime, che “non discute, sa solo prescrivere; non desidera persuadere, mira a soggiogare”; ma viene a sua volta infilzato dal fioretto di Chateaubriand, padre del romanticismo francese, che lo associa agli “spiriti di second’ordine, che delle rivoluzioni profittano […] trafficanti del giorno dopo, assistono allo sfilare delle generazioni; sono incaricati di mettere il visto ai passaporti, di omologare il verdetto della Storia”. Insomma, fa sembrare una fake news quella che vuole Talleyrand gran tessitore di trame politiche. Non poteva mancare Napoleone, sbeffeggiato dal suo primo cappellano, Dominique Dufour de Pradt, come fiero avversatore della verità: “Non che la respingesse in quanto verità dimostrata; no, la rifiutava come cosa sciocca, incompatibile con quella che gli sembrava essere la verità”. Un populista ante litteram. Dominano gli schizzi di china più che le pennellate neoclassiche, in questo “Louvre” dell’amarezza. Ad anticipare un moralismo ben più violento, quello dei giacobini, “barbari travestiti da ideologi”, che poterono passeggiare sulle rovine di un potere divenuto ormai finzione.

 

ANTOLOGIA DEL RITRATTO
E. M. Cioran
Adelphi, 309 pp., 15 euro

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