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Terrazzo

Eterna cucina. Due cuori, una capanna e una cantinetta

Camilla Baresani

Costata decine di migliaia di euro, è sofisticatissima, domotica, marmorea, rivestita di materiali pregiati, stipata di elettrodomestici di design, ed è, in caso di blackout elettrico, totalmente inservibile. Nessun altro ambiente della casa è altrettanto tecnologizzato ed esibito

Scrive il Times di Londra che il nuovo status symbol della classe media inglese è la cantinetta per il vino. Ma se allarghiamo la visuale sull’ambiente domestico, possiamo affermare che il vero status symbol occidentale contemporaneo è in realtà l’intera cucina. Nessun altro ambiente della casa è altrettanto costoso e tecnologizzato ed esibito. E’ finita l’era della cucina separata dalla sala da pranzo, che prevedeva case di ampie metrature, con casalinghe sacrificate che s’affannavano a cucinare e servire in tavola non partecipando alla conversazione. Oggi, anche per chi non ne ha bisogno, calciatori o influencer milanesi dotati di ampie metrature, la cucina è insindacabilmente a vista. Costata decine di migliaia di euro, è sofisticatissima, domotica, marmorea, rivestita di materiali pregiati, stipata di elettrodomestici di design, ed è, in caso di blackout elettrico, totalmente inservibile. Peraltro, tutto questo investimento che mette la cucina al centro dei sogni abitativi e dell’impressione che si vuole fare sugli ospiti, spesso serve solo per far rinvenire nel microonde cibo ordinato su Glovo, consumato stravaccati sul divano, dato che l’immancabile isola, volta a degustare appollaiati sghembi sugli sgabelli, con il cassetto delle posate che ti si apre nella pancia, è troppo scomoda rispetto al tavolo da pranzo, ormai ingombro di pacchi Amazon e Temu, di laptop e stampanti. 

 

Se vi chiedete quando è iniziata la storia della cucina contemporanea (intesa come ambiente e mobilio) bisogna risalire al primo decennio del ’900, quando gli americani l’hanno elettrificata: decisivo l’avvento del frigorifero e di elettrodomestici rimasti quasi invariati fino a oggi (il tostapane, il frullatore/tritatutto/mixer) e, a partire dagli anni 20, l’invenzione della cucina componibile, con i pensili e gli elettrodomestici inglobati. Risale al 1934 la prima cucina open space, progettata da Frank Lloyd Wright (si torna sempre a lui) per una coppia della classe media di Minneapolis, i Willey. La signora voleva giustamente partecipare alla conversazione mentre cucinava, ed ecco il progetto di questa cucina circondata da finestre panoramiche e affacciata sui divani del salotto. Di fatto, Wright introdusse nella vita borghese la cucina della casa colonica, dove tutta la vita famigliare si svolgeva attorno al camino. 

 

Negli anni 50, l’America continua a fare tendenza: ecco la formica e il compensato, che diverranno lo standard delle cucine componibili, mentre alla fine del decennio appaiono i nuovi frigoriferi side-by-side, con il distributore del ghiaccio e la doppia anta, e negli anni 70 arrivano i primi forni a microonde. Arriviamo agli anni 90: sono quelli che hanno definitivamente trasformato la cucina da spazio pratico in spazio decorativo, costoso sancta sanctorum dove esibire le grandi firme del design applicate agli elettrodomestici e ai mobili. Infine, l’ultima rivoluzione della cucina, che sposta il baricentro dall’America alla Svezia. E’ l’Ikea a rendere democratico il sogno della cucina bella per tutti, con gli smadonnamenti di chi sbaglia a prendere le misure e passa ore sulla scelta dei pomoli. Dopo il Covid e il lockdown un’ulteriore trasformazione: con lo smart working istituzionalizzato, senza una stanza libera da dedicare al lavoro, le cucine sono diventate i nuovi uffici, con il computer da una parte e la friggitrice ad aria dall’altra.

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