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Terrazzo 

Giorgio Armani, Aldo Rossi e Santa Rosa

Jacopo Costanzo

Se di Armani non sono ancora emerse connessioni simboliche con la data della morte, su Rossi la questione è più complessa perché ha mantenuto lungo il suo percorso un profondo legame con la sfera religiosa

Il 4 settembre non è un giorno qualunque per il design. Ventotto anni dopo Aldo Rossi, anche Giorgio Armani è scomparso nella stessa data. Quasi coetanei, entrambi figurano nel pantheon dei milanesi (benché Armani fosse piacentino di nascita) più illustri della storia del design italiano, certamente tra i più amati all’estero. Ma se di Armani non sono ancora emerse connessioni cabalistico-simboliche con questa fatidica data – ed è già una notizia perché negli ultimi giorni abbiamo avuto modo di ripassare ogni singolo momento della sua vita straordinaria – su Rossi la questione è più complessa. Formatosi in collegio a Lecco presso i padri somaschi (come Manzoni), Aldo Rossi ha mantenuto lungo il suo percorso umano e professionale un profondo legame con la sfera religiosa. 

 

Non è un caso che il suo progetto più celebre sia un cimitero, vincitore di un concorso bandito dal Comune di Modena nel 1971 (nella commissione giudicante figuravano anche Aymonino e Portoghesi), costruito nel sobborgo di San Cataldo e inaugurato nel 1984, seppur ad oggi risulti ancora incompiuto. Il titolo della proposta vincitrice L’azzurro del cielo, fu un omaggio al romanzo di Bataille. Come di consueto Rossi negli anni avviò un’incessante sovrascrittura visuale del progetto, una costellazione di disegni e collage caratterizzati dal suo tratto inconfondibile, insondabile, lieve e tormentato al contempo. 

 

In una di queste composizioni analogiche, come racconta puntualmente Diane Ghirardo nel saggio The Blue of Aldo Rossi’s Sky, emerge sulla destra un santino, con al centro una figura di donna. E’ Santa Rosa, che tecnicamente santa non è poiché la canonizzazione, iniziata nel 1457, non è stata mai portata a termine. Rossi collezionava santini ed era solito posizionarne alcuni tra le pagine dei suoi quaderni di studio. Ma la presenza di Rosa da Viterbo non è casuale. Rosa infatti nacque priva di sterno, una rara malformazione, spesso mortale, che nel suo caso non le impedì di raggiungere i diciassette anni. L’impianto del progetto cimiteriale di Rossi e Braghieri  ricorda una gabbia toracica le cui coste, pari e simmetriche, si distribuiscono specularmente su ambo i lati, sotto forma di parallelepipedi: è lì che sono collocati gli ossari. Nel mezzo un’asse, lo sterno appunto, che collega il celeberrimo cubo rosso – immortalato da Luigi Ghirri sotto la neve – a una torre conica poi mai realizzata.

 

Quindi Rosa, a mo’ di rebus, suggerisce l’interpretazione del progetto e ne custodisce il senso più intimo. Viterbo è ancora profondamente legata al culto della giovane, che celebra con la  processione in cui una torre illuminata, la cosiddetta macchina di Santa Rosa, percorre le vie del centro trasportata a spalla da un centinaio di facchini. Una ricorrenza che quest’anno è balzata alle cronache nazionali grazie a un paio di arresti eccellenti legati a Baris Boyun, leader della mala turca, sospettati presumibilmente di essere in procinto di intervenire in concomitanza delle celebrazioni, per tentare di far evadere lo stesso Boyun dal carcere viterbese di massima sicurezza Mammagialla. La festa di Santa Rosa si celebra il 4 settembre, lo stesso giorno in cui si spense Aldo Rossi, così come Giorgio Armani; una data non più trascurabile per il genio italiano. 

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