Niente archistar per la Biennale

Michele Masneri

Hashim Sarkis è stato nominato il nuovo curatore per la Mostra di architettura

Non è un archistar. E’ stato annunciato a Venezia il direttore della prossima Mostra internazionale di Architettura del 2020, Hashim Sarkis. Cinquantacinquenne libanese, ha studiato e insegnato ad Harvard e lavorato col Pritzker Rafael Moneo, prima di diventare preside del Mit di Boston dove ha anche uno studio professionale (oltre che a Beirut). Famoso, ma non celebre, estraneo al Bilderberg degli architetti-celebrità, Sarkis ha costruito tanto in Libano e pubblicato tanto negli Stati Uniti. Nel 2002 fra l’altro ha pubblicato un libro sull’ospedale veneziano non realizzato da Le Corbusier, per cui si tratta in un certo senso di un ritorno sul luogo del delitto. La sua è poi l’ultima nomina del presidente della Biennale Paolo Baratta, che a breve dovrà lasciare l’incarico in scadenza, ma se i direttori cambiano, dal cileno Alejando Aravena (2016), alle irlandesi Yvonne Farrell & Shelly McNamara (2018), il tema resta più o meno sempre quello: “Come vivremo insieme?”.

 

“How will we live together?” è il titolo della Biennale che aprirà a maggio dopo quella d’arte intitolata “May we live in interesting times”. In tempi interessanti o meno, insieme o da soli, “abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale” – ha dichiarato Sarkis. “In un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da disuguaglianze economiche sempre maggiori, chiediamo agli architetti di immaginare gli spazi nei quali possiamo vivere generosamente insieme”. Sarkis vuole una Biennale molto aperta, non solo ad architetti ma anche a filosofi, scienziati, antropologi.

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