Effetto vitamina per JFK

Michele Masneri

La storia del dottor Feelgood tra i set di Hollywood e la Casa Bianca

Si era già visto nel documentario “Bombshell”, dedicato a Edy Lamarr (regia di Alexandra Dean, prodotto da Susan Sarandon). Il dottor Max Jacobson, detto anche dottor Feelgood (da cui la canzone di Aretha Franklin), era uno Chenot impazzito che aveva reso tossica la Hollywood dell’età dell’oro, accorrendo sui meglio set a siringare attori giù di corda con un mix che si diceva vitaminico ma era in realtà metanfetaminico. Dava insomma il “meth”, quello oggi utilizzato molto negli allegri festini, a quasi tutti. A partire da Lamarr, di cui si comprendono così meglio l’alterigia, i vistosi cambi di umore, forse anche i sette mariti. Cecil B. De Mille lo propinò a Charlton Heston sul set dei “Dieci comandamenti” perché non poteva avere un Mosé depresso.

 

Il dottor Feelgood siringava poi soprattutto anche il presidente Kennedy e famiglia: si vede in “The Crown” quando Jackie sbrocca con la regina e poi confida che il marito prende sostanze. Ma c’è anche il libro: “Doctor Feelgood” (Richard A. Letrzman e William J. Birnes, Skyhorse Publishing) che racconta tutto. Jacobson arrivò alla Casa Bianca tramite Chuck Spalding, compagno di stanza a Harvard del futuro presidente, e il fotografo mondano Mark Shaw (poi fotografo ufficiale della Casa Bianca kennedyana). Jfk dovette probabilmente alle iniezioni tonificanti se poté vincere su Nixon, proprio in virtù della sua immagine di aitante ragazzotto, trionfante sul candidato repubblicano che in tv parve un vecchio. La realtà era opposta; Kennedy era all’epoca un rottame: mal di schiena, emicranie, disturbi gastrici perenni. Nel 1960 ebbe un crollo e finalmente fu mandato a chiamare il dottore. Il suo ufficio newyorchese era inzeppato di microspie, in quanto Jacobson curava anche i vertici di Cia e Fbi. Accompagnò la famiglia presidenziale in vari viaggi di Stato, a Parigi e a Vienna; e morì povero, perché i clienti ricchi come i Kennedy non pagavano quasi mai.