I 50 anni di Happy Days, prima operazione nostalgia della tv

Maurizio Stefanini

La sit-com uscì negli Stati Uniti su Abc il 15 gennaio 1974. In Italia ebbe un successo altrettanto epocale che negli Usa. E fece anche litigare la sinistra italiana (che novità)

Sulla tv italiana arrivò nel dicembre 1977 su Rai1, e la serie originale durò fino al 24 settembre 1984: 255 puntate da 24 minuti l’una in tutto, per 11 stagioni. Ma la prima puntata di “Happy Days” uscì negli Stati Uniti sul network Abc giusto 50 anni fa: il 15 gennaio 1974, martedì pomeriggio. Una sit-com, che peraltro in Italia fu filtrata, con un doppiaggio senza le tipiche risate in sottofondo. Mentre negli Stati Uniti dopo le prime due stagioni con risate registrate dalla terza si iniziò addirittura a girare in teatro con pubblico presente, apposta per avere le risate reali.

 

Pur con i tre anni di ritardo e senza le risate, in Italia la storia ebbe un successo altrettanto epocale che negli Usa. “Gli anni d'oro del grande Real/ Gli anni di Happy days e di Ralph Malph” la celebrò Max Pezzali in una canzone del 1995, che crea in effetti una specie di loop della nostalgia. Negli anni ’90 celebra infatti i “bei tempi” di una serie vista negli anni ’80 ma in effetti uscita negli anni ’70 per celebrare i “bei tempi” degli anni ’50, con un brano che però oggi è sentito soprattutto per ricordare i “bei tempi” degli anni ’90.

 

Ambientata a Milwaukee nel Wisconsin, la serie ha come protagonista da una parte la famiglia Cunningham: Howard, proprietario di un negozio di ferramenta; sua moglie Marion, casalinga; i figli Charles detto Chuck, Richard detto Richie e sua sorella Joanie. Dall’altra gli amici di Richie: il Ralph Malph di Max Pezzali; Warren Webber “Potsie”; soprattutto Arthur Fonzarelli detto Fonzie, meccanico rubacuori italo-americano con la giacca di pelle alla James Dean, che andrà a vivere in un piccolo appartamento ricavato sopra il garage dei Cunningham. Centrale anche il locale Arnold’s, dove si ritrovano.

    

Personaggio iconico per l’intercalare “Ehi!” alzando i pollici, Fonzie diventa suo malgrado cruciale in un curioso dibattito che si accese nella sinistra italiana: tra chi vedeva in Happy Days il prodomo del “riflusso”, “borghese e qualunquista”, che avrebbe posto fine al “quadriennio rosso” 1974-78; e chi invece difendeva il “proletario Fonzie”, che insegnava la vita ai suoi amici piccoli borghesi. Polemiche che echeggiano ancora nel film del 1998 “Aprile”, dove Nanni Moretti dà la colpa della inadeguatezza della sinistra a una generazione della Fgci cresciuta vedendo Happy Days.

  

“Domenica, lunedì, giorni felici/ Martedì, mercoledì, giorni felici/ Giovedì, venerdì, giorni felici/ Arriva il fine settimana/ Il mio ciclo ronza/ Pronto a correre per te”, ripeteva la sigla. “Questi giorni sono tutto/ Felice e libero (quei giorni felici)/ Questi giorni sono tutti, condividili con me (oh tesoro)/ Addio cielo grigio, ciao azzurro/ Non c'è niente che possa trattenermi quando tengo te/ Sembra così giusto che non può essere sbagliato/ Rock and roll per tutta la settimana/ Domenica, lunedì, giorni felici/ Martedì, mercoledì, giorni felici/ Giovedì, venerdì, giorni felici/ Sabato, che giornata/ Divertiamoci tutta la settimana con te/ Questi giorni sono tutto/ Condividili con me (quei giorni felici)/ Questi giorni sono tutto/ Felice e libero (oh tesoro)/ Questi giorni felici sono tuoi e miei/ Questi giorni felici sono i tuoi e i miei, giorni felici”.

  

 

In realtà colori pastello, buoni sentimenti, rock delle origini e celebrazione dell’American Way of Life non impediscono ogni tanto di pensare a cose più impegnative. Proprio Henry Winkler, l’attore di Fonzie, rispose a “Aprile” in una intervista. “Happy Days mostra una certa America, che può non piacere a certa sinistra, ma è tutt'altro che qualunquista. Forse Moretti non sa nemmeno che alle convention di Happy Days si manifestava contro la segregazione degli afro-americani e si facevano campagne a favore dei portatori di handicap. E dopo l'episodio ambientato col mio personaggio in una biblioteca, il numero dei frequentatori giovani nelle biblioteche americane crebbe del 500 per cento”. In un episodio si vedeva pure la campagna per le elezioni del 1956, col padre per il repubblicano Eisenhower e il figlio per il democratico Stevenson.

 

Più in generale, come dimostra appunto il “loop” di Pezzali, la celebrazione del passato di un paio di decenni prima è un po’ un fatto ricorrente quando gli adolescenti di quel passato arrivano alla quarantina, ormai carichi sia di potere d’acquisto che di nostalgia. Sempre negli Stati Uniti, nel 1971 gli anni Cinquanta sono già celebrati nella commedia musicale “Grease”, che arriverà al cinema nel 1978. Ma l’altro film iconico di tema simile del 1972, “American Graffiti”, già mostra l’angoscia per gli anni Sessanta che hanno visto una generazione morire in Vietnam; tra 1972 e 1974 c’è poi per gli Stati Uniti la grave crisi esistenziale del Watergate; e comunque in tutto il mondo occidentale la crisi petrolifera di fine 1973 dà la sensazione di un sogno di benessere che si sta infrangendo. Autore, regista e produttore, Garry Marshall lo ammise chiaramente: “Con quella serie volevo raccontare storie di giovani, ma il nostro paese era ancora in guerra. Come potevo creare una commedia sugli adolescenti con il Vietnam come sfondo? Decisi di andare in una direzione completamente diversa. Sono tornato agli anni Cinquanta, un'epoca che, almeno nella mia vita e nella mia mente, era molto meno complicata e politicamente più disimpegnata”. Sempre secondo Marshall, il fatto che Happy Days “aiutasse a viaggiare in un'altra epoca ha catturato immediatamente l'attenzione della gente. Le persone negli anni Settanta sembravano più felici del passato che del presente o del futuro”. Attenzione che i “giorni felici” sono prima del Vietnam, ma dopo la fine della Guerra di Corea: 1953.

   

Il tema è serissimo, ed è infatti lo stesso che pure nel 1974 svolge Ettore Scola col suo ripercorrere la storia d’Italia in “C’eravamo tanto amati”: tornare indietro con la memoria, per scoprire il punto in cui la Storia ha preso una direzione sbagliata. Un passo in più e viene un’altra suggestione: e se si potesse addirittura tornarci indietro materialmente nella Storia, per raddrizzare il destino? Sì: è il tipo di ritorno all’epoca di Happy Days che nel 1985 con una macchina del tempo faranno i protagonisti di “Ritorno al futuro”. Nei sequel anche andando avanti nel tempo e indietro fino al Far West. Happy Days ne è uno spunto, non solo logico. Tra il 1980 il 1981 con “Fonzie e la Happy Days Gang” venne creata dalla Hanna-Barbera una serie animata in cui Fonzie, Richie e Ralph, coinvolti da una ragazza proveniente dal futuro, si ritrovano proprio a viaggiare attraverso una macchina del tempo cercando di ritornare nella Milwaukee del 1957.

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