Una donna incinta lavora a maglia mentre il marito sintonizza uno schermo tv, Regno Unito, 1956 (Grace Robertson/Getty Images) 

Modernariato tv

Direttiva Agcom: tornano i numeri sul telecomando. Ora cipria, calamaio e mutandoni

Salvatore Merlo

Ormai ogni cosa passa dalla fibra ottica, ma questi fondisti della paleontologia presidiano le edicole e il tubo catodico

Ci resta qualche speranza di un prossimo ritrovamento nei confronti del presidente e dei commissari dell’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, unici esemplari viventi, crediamo, degli uomini che popolavano la terra prima dell’invenzione della ruota. Chi chiede di loro si sente rispondere: “Se telefona adesso, li trova ancora nei boschi”. Giovedì, per dire, hanno emanato un regolamento sul telecomando delle smart tv. Roba seria. State a sentire. Onde evitare “discriminazioni alla tv tradizionale” hanno stabilito che da ora in poi tutti gli apparecchi televisivi venduti in Italia dovranno essere (ri)dotati di “telecomando con tastiera numerica per i canali”. I televisori dovranno dunque tornare a essere accompagnati da quella cosa che era pressoché sparita da qualche anno, visto che l’industria adatta i suoi prodotti ai gusti (e all’uso) dei consumatori. Ovvero li adatta a noi, quelli che guardano Rai 1 e Canale 5, sì, ma anche Netflix, Amazon e Disney.

 

Ecco. Indubbiamente a volte il vintage ha un suo fascino, come ben sanno alla Rai e a Mediaset, i due colossi che hanno all’incirca ispirato il provvedimento dell’Agcom. Eppure, allo stesso modo in cui a nessuno viene più in mente di nettarsi il deretano con la carta di giornale (o con i torsoli di mais), non si comprende perché si debba tornare a premere i numeri dei canali quando ormai la tv la si comanda persino con la voce.  

  

Ma all’Agcom sono fatti così. I politici straparlano su Instagram? Ecco che l’Agcom applica la par condicio ai telegiornali. Su Twitter tutti rompono il silenzio elettorale? Ecco che l’Agcom impone di tacere alle radio in onda media. Poi vietano pure la pubblicazione dei sondaggi sui quotidiani di carta nei giorni delle elezioni, mentre intanto quegli stessi sondaggi girano vorticosamente sui WhatsApp di mezza Italia. E insomma ogni cosa passa dalla fibra ottica, ma questi fondisti della paleontologia presidiano le edicole e il tubo catodico. Così, a breve, dopo il telecomando con la tastiera numerica, ci aspettiamo la reintroduzione della giarrettiera, della macchina per scrivere, della cipria sui capelli, e soprattutto delle mutandone lunghe alle ginocchia visto che ormai (le nostre almeno) sono al livello del latte.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.