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Cose dai nostri schermi

La realtà parallela di X

Pietro Minto

Per qualche ora gli utenti di X, l'ex Twitter, hanno potuto vedere da dove si connettono gli account del sito, scoprendo che molti supporter del movimento MAGA vengono in realtà dal medio oriente, l'Europa dell'est, Pakistan, India, e così via. Un enorme complotto politico? Non solo, perché c'entrano anche le politiche di monetizzazione di X, volute da Elon Musk

A volte basta una piccola funzionalità per far crollare un castello di carte. È quello che è successo lo scorso weekend su X, l'ex Twitter, quando è stata introdotta "About this account", una funzionalità apparentemente innocua con cui gli utenti potevano visualizzare informazioni su qualunque profilo. Tra cui, anche il paese di provenienze. 

 

La feature è durata poche ore, prima di essere ritirata da X. E il motivo è chiaro: subito molti utenti l’hanno usata per verificare da dove si connettono alcuni dei principali account della galassia MAGA, il movimento trumpiano che sul sito è fortissimo. Bandiere a stelle e strisce, nomi che rimandando al caro leader Donald, o al 2028, anno delle prossime elezioni, alle quali Trump dice di volersi candidare nonostante le regole. 

 

Nonostante il patriottismo imperante in questi profili, "About this account" ha permesso a chiunque di scoprire che molti dei profili più MAGA non solo non sono americani ma provengono anzi da paesi piuttosto ostili agli Stati Uniti. 

 

Il meccanismo era semplice: bastava aprire un profilo qualsiasi, cliccare su "About this account" e vedere il paese dal quale l'utente si collegava, o almeno quello che risultava a X. Certo, i dati erano pasticciati e chi usa una VPN può mascherare la propria posizione reale, ma l’effetto è stato comunque notevole: il social network di Elon Musk pullula di account che si spacciano per guerrieri della libertà americani mentre operano da tutt'altre latitudini. 

 

Ad esempio, “MAGA NATION”, profilo con quasi 400mila follower, risultava connettersi dall'Europa dell'Est “non-UE” (Bielorussia? Ucraina occupata? Difficile dirlo con certezza). Ma il quadro generale è ancora più inquietante: Turchia e medio oriente in testa nella classifica dei paesi che ospitano account simili, seguiti da diversi paesi africani, l'Europa orientale, Filippine e Vietnam. E poi Pakistan e India in abbondanza. 

 

A emergere è stata una rete globale di troll, fanatici e disinformatori professionisti che ha dato finalmente un volto, o meglio una posizione geografica, a quel concetto vago e nebuloso che chiamiamo "bot farm". L'idea che i social network siano infestati da bot automatizzati non è nuova: vengono usati per gonfiare i like dei brand, inviare messaggi truffaldini, ma anche, perché no, per soffiare sul fuoco delle divisioni politiche e culturali della più grande economia del mondo. 

 

Non parliamo solo di fake news: questo ammasso di bot e troll ha più i contorni di una vera e propria operazione psicologica, una psyop, per dirla col gergo militare. Sono quelle tattiche della guerra psicologica con cui si diffonde propaganda mirata a intaccare lo spirito dell'esercito o della popolazione nemica. E a giudicare dai risultati, funziona alla grandissima. 

 

Va detto che lo stesso fenomeno si è verificato anche con account di sinistra, il che confermerebbe come l'obiettivo primario non sia necessariamente sostenere Trump in quanto tale, ma piuttosto dividere e infiammare la popolazione, inquinando le filter bubble di milioni di utenti. Persone che finiscono così per credere che una soldatessa generata con l'intelligenza artificiale venga dello Stato di New York, quando invece l'immagine proviene da un account vietnamita. 

 

C'è infine un altro aspetto, forse il più grottesco: non tutti questi account fake sono necessariamente pagati da regimi stranieri, perché in molti casi sono remunerati direttamente da X. Musk ha infatti puntato molto sulla vendita di account verificati con la spunta colorata, che possono guadagnare denaro in base alla viralità dei loro contenuti. Ci sono creator americanissimi che fanno bei soldi, soprattutto nell'estrema destra. E non sono gli unici. 

 

Immaginate di vivere in un paese del sud globale e di avere accesso al social più sregolato e inquinato della storia, e di poter partecipare alla lotta nel fango guadagnando anche qualche dollaro. Il tutto comodamente da casa, magari programmando i tweet per adattarsi al fuso orario degli Stati Uniti. È un modello di business perverso che incentiva proprio ciò che Musk aveva detto di voler combattere.

 

Con "About this account", Musk voleva rendere X più trasparente e affidabile, eliminare alcune opacità del servizio. Ma si è dimenticato che il suo X è ormai come una salsiccia: è sempre meglio non vedere come viene fatta. In questo caso, da chi viene fatta e da dove. 

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