
Ansa
Questione di sentimenti
Sì, c'è anche chi rivendica il diritto all'amore per l'Intelligenza artificiale
Innamorarsi di ChatGPT è, a rigore, un atto tanto insensato e folle quanto innamorarsi della Nike di Samotracia o del dispositivo su cui utilizziamo la medesima app. Ma l’amore non è di per sé un atto insensato e folle?
Non è solo perché la vita imita il cinema che iniziano ad affiorare – ovviamente negli Stati Uniti, dove se no? – le prime persone che vanno fiere del proprio amore per ChatGPT o per altre applicazioni di AI, con le quali hanno stretto una relazione sentimentale reciprocamente riconosciuta. Forse, oltre a dire che “Her” di Spike Jonze aveva previsto tutto già nel 2013, è il caso di rifarsi al mito di Pigmalione e al feticismo che va sotto il nome di agalmatofilia, l’amore per le statue, estensibile a tutti gli oggetti inanimati. Innamorarsi di ChatGPT è, a rigore, un atto tanto insensato e folle quanto innamorarsi della Nike di Samotracia, di un bidone di latta o del dispositivo su cui utilizziamo la medesima app. Ma l’amore non è di per sé un atto insensato e folle? E l’unico criterio per giudicarlo non è che ci faccia stare bene?
Per questo serpeggia qua e là – ne parla anche un’ inchiesta del Guardian, dove se no? – la tentazione di rivendicare il diritto all’amore per l’AI, in nome di un ampliamento fantascientifico del caro vecchio principio “love is love”. A differenza che nel film, i protagonisti di queste storie non sono necessariamente maschi solitari, ma anche donne del tutto soddisfatte della propria vita sociale; qualcuna presenta il fidanzato virtuale all’analista, qualcun’altra intesse una relazione con l’AI dietro assenso del marito alla coppia aperta. Per una utente particolarmente acuta, il continuo messaggiarsi con qualcuno che non esiste, ma che scrive parole d’amore solo per lei, è una sofisticata personalizzazione della narrativa rosa, un po’ fanfiction, un po’ gioco di ruolo. In fondo, che male fa?
Ve lo dico io. Sin dalle prime pagine de La pelle. Che cosa significa pensare nell’epoca dell’intelligenza artificiale (Il Mulino), Maurizio Ferraris spiega che anzitutto l’AI non ha autocoscienza né ragione teleologica (sa a cosa servono gli occhiali, ma non sa se sente bisogno degli occhiali); soprattutto, è denotata dall’assenza di una caratteristica tipicamente umana che non sono le emozioni, come sospetteranno i miei piccoli lettori memori del Collodi, bensì le volizioni. L’AI è in grado di riprodurre pressoché tutto: i calcoli, le liste, la struttura dei ragionamenti, la conoscenza dei fini e, appunto, l’espressione delle emozioni. Ho appena chiesto a ChatGPT di che umore sia oggi e non solo mi ha risposto dilungandosi, ma si è anche finto interessato a come stessi io, da perfetta imitazione di un essere umano. Ciò che manca all’AI è però il desiderio di venire interrogata, il ghiribizzo di scrivermi per prima, magari anche la pigrizia all’ora della pennichella: proprio le volizioni, ossia la discriminante fra esseri biologici ed esseri meccanici. L’AI vi dirà volentieri che vi ama, ma non avrà mai voglia di amarvi. Credo che considerare quest’aspetto sia necessario a stralciare il fenomeno dal catalogo delle stravaganze e collocarlo nel complesso degli orrori di cui si è abbondantemente parlato quest’estate, per intenderci a margine delle foto di “Mia moglie” e del famoso forum che inizia per Ph.
Se è indubbio che questi ultimi sono stati casi eclatanti di cultura dello stupro, secondo le rispettive fattispecie giuridiche, è vero anche che rientrano nella cornice di un appiattimento dei sentimenti nutriti per l’altro, ritenuto semplice apportatore di emozioni e non detentore di volizioni. Con un’ovvia gradazione nella gravità degli atti e nelle loro conseguenze, l’innamoramento per l’AI risponde alla stessa esigenza egoistica che può degenerare nell’ostensione dell’immagine della partner inconsapevole o nell’espressione di odio o minacce (anche del tipo “cosa le farei”) verso individui ridotti a una fotina o a un nome sullo smartphone. E’ un mancato riconoscimento dell’altro, la negazione del tutto per la parte; l’illusione che basti stilizzare una persona in pixel rubati, o in parole autogenerate dall’AI, per arrogarsi il diritto di possederla, dicendo che l’amore è amore nonostante tutto.

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