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l'analisi

La comunicazione di Trump sui social è puro caos

Ilaria Coppola

Il presidente americano non ha una strategia, punta sulla spettacolarizzazione dei suoi messaggi e il risultato è una narrazione provocatoria per autolegittimarsi. L'uso dell'intelligenza artificiale, i meme ironici, i trend "virali" e ora l'account su TikTok per prepararsi alle elezioni di mid term. L'analisi di Maria Cristina Antonucci, professoressa di comunicazione politica alla Sapienza

Altro che strategia: quella di Trump sui social è una comunicazione costruita sul caos. Fa leva su immagini forti, messaggi immediati, contenuti virali e il risultato è una narrazione frammentata, ad alto impatto emotivo ma povera di mediazione istituzionale. Il tycoon è il presidente dell’infotainment: amplifica, polarizza e semplifica a proprio piacimento qualsiasi messaggio o tema.

Ieri, con un video di 27 secondi e la didascalia “America, siamo tornati! Come va TikTok?”, la Casa Bianca ha aperto un account ufficiale su Tiktok. Un gesto che arriva mentre resta in bilico il destino del social negli Stati Uniti e si avvicina la nuova scadenza, il 17 settembre, imposta al colosso cinese ByteDance per vendere l’app a un acquirente americano per motivi di sicurezza nazionale, secondo la legge approvata ad aprile dello scorso anno dall'Amministrazione Biden. 

 

 

Lo sbarco su TikTok da parte della Casa Bianca rappresenta “da un lato l’estensione della base di pubblico, dall’altro una mossa coerente con la visione egemonica globale ricercata dal presidente americano in questa fase, dopo una campagna elettorale per le presidenziali vocata all’America First", dice Maria Cristina Antonucci, prima ricercatrice Cnr e professoressa di Comunicazione politica all'Università La Sapienza di Roma. Per Trump, TikTok rappresenta un nuovo strumento da sfruttare in vista delle elezioni di mid term. “Questa scelta comunicativa può essere interpretata come una mossa preparatoria in vista delle imminenti elezioni di mid term in modo tale da intercettare nuovo pubblico e incrementare il consenso elettorale”, spiega la ricercatrice. 

Fin dall’inizio del secondo mandato di Trump, i profili social della Casa Bianca sono stati teatro di un cambiamento radicale rispetto alla precedente Amministrazione. "Con Biden, la comunicazione visuale – che sottende un mondo culturale legato al modello “e pluribus unun” – ha privilegiato un registro inclusivo e rassicurante, volto a rafforzare coesione e fiducia nelle istituzioni collettive", spiega la professoressa Antonucci. "Con Trump, invece, lo stile appare più assertivo e polarizzante: le immagini tendono a sostenere la dimensione di autorità e la centralità della funzione presidenziale, soprattutto nella raffigurazione in mezzo alla classe lavoratrice bianca (storica base elettorale trumpiana), mentre il linguaggio, diretto e non consensuale, mira più a mobilitare i sostenitori politici che a generare l’unità del complesso sistema sociale statunitense".

A soli quattro giorni dal nuovo insediamento, sui social della Casa Bianca è apparso un post con migranti in catene, diretto annuncio del programma di deportazione. “Comunicare attraverso questo tipo di immagini sollecita l’emotività della risposta del pubblico”, dice Antonucci. Meme ironici, trend virali, video provocatori – come quello dei migranti ammanettati costruito come un Asmr inquietante – alimentano un’estetica leggera che “non incide realmente sulla percezione della serietà presidenziale, ma è finalizzata a intercettare segmenti di audience che si riconoscono in tali codici espressivi”. Una comunicazione quindi che vuole massimizzare visibilità e coinvolgimento nei feed algoritmici.

Il confine tra informazione, intrattenimento e propaganda si fa sempre più sfumato. “La logica dell’infotainment porta i messaggi istituzionali a essere rielaborati secondo i codici dell’intrattenimento – brevi video, meme, format virali – con l’obiettivo primario di generare attenzione e stimolare l’interazione”. È in questo contesto che si inserisce anche l’uso dell’intelligenza artificiale, come il video sulla Striscia di Gaza che mostra un futuro distopico trasformato in un villaggio vacanze per Musk e Netanyahu. "La tecnologia, in quanto tale, non porta con sé un orientamento valoriale, ma assume una funzione critica nel momento in cui viene integrata nelle dinamiche comunicative da parte degli attori politici. In questo senso, l'AI agisce come un dispositivo di legittimazione implicita: la mediazione tecnica rende più difficile per il pubblico distinguere la manipolazione intenzionale dalla produzione 'automatica', contribuendo così a diluire le responsabilità e a rafforzare l’efficacia persuasiva del messaggio. Ed è proprio questo l’elemento che è emerso dalle critiche al video di Gaza domani proposto da Trump", spiega Antonucci.

Questa strategia "iper digitale" del presidente americano aumenta sì la visibilità sui social, ma aumenta anche i rischi: “Tale ampliamento dell’ecosistema comunicativo non implica una revisione delle posizioni sostanziali del trumpismo”, osserva Antonucci. È una comunicazione che polarizza e radicalizza. E anche se oggi può garantire risultati, “nel medio periodo potrebbe ridurre la capacità di costruire consenso trasversale”. Il banco di prova sarà rappresentato dalle elezioni di mid term del 2026. Solo allora si capirà se questa strategia basata su spettacolarizzazione e caos sarà stata una scommessa vincente o una deriva pericolosa.