
(screen dal sito dell'app Opal)
vizi tecnologici
Come funziona Opal, l'app per disintossicarsi dall'uso del telefono
Nata nel 2022, è una specie di "parenting gentile" che aiuta a rispettare una dieta nell'uso dello smartphone a colpi di ostacoli, incoraggiamenti e sensi di colpa. Ora arriva anche sui banchi di scuola grazie a un accordo con la Harvard-Westlake School
I dati più recenti ci dicono che gli Italiani trascorrono in media sei ore al giorno al cellulare. Non stiamo parlando solo dei ragazzi – che da settembre non potranno utilizzare il telefono in classe – ma anche degli adulti, sempre più calamitati da uno strumento che ormai è al tempo stesso telefono, televisione, pc e consolle di videogiochi. È una vera e propria dipendenza, spesso con risvolti patologici che richiedono l’intervento di specialisti.
Alcuni cercano di auto-limitarsi, come quando ci si mette a dieta già sapendo di non rispettarla tutta o ci si iscrive in palestra pagando l’abbonamento annuale ma frequentando un solo mese: ci si impone una disciplina che ponga almeno un minimo argine alle proprie debolezze. Del resto, si sa, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, e passare meno ore al cellulare resta uno dei propositi più facilmente disattesi.
C’è però un’app che può migliorare e soprattutto ridurre l’uso dello smartphone, trasformandolo in un “telefono normale”. Si chiama Opal, è nata nel 2022 e applica una sorta di “parenting gentile” alle abitudini digitali: si imposta un programma giornaliero, si stabilisce quali app bloccare e quando, e l’app aiuta a rispettarlo grazie a un mix di ostacoli per riaprirle, incoraggiamenti e – non guasta mai – sensi di colpa.
Basta definire le fasce orarie di lavoro e indicare le applicazioni che più ci fanno perdere tempo: all’orario stabilito, le icone incriminate diventano grigie e inaccessibili. Se scatta la crisi di astinenza, basta un tentativo di apertura per rivedere subito la schermata grigia finché non si rinuncia definitivamente o non si inserisce il codice d’accesso richiesto. Inserito poi il codice, c’è da attendere qualche minuto, e Opal ne approfitta per invitare a svolgere brevi esercizi di respirazione e per offrire piccoli reminder motivazionali.
Sulle colonne del New Yorker, Kenneth Schlenker, co-fondatore e amministratore delegato franco-americano dell’azienda, spiega: "Tutte le applicazioni nascono per catturare l’attenzione hackerando la nostra mente. Con Opal vogliamo fare il contrario: creare attrito". Introducendo questa frizione, l’accesso alle piattaforme diventa più laborioso: non basta cambiare browser, serve attendere il conto alla rovescia, digitare un codice… tutto aiuta a resistere alla tentazione.
Mentre TikTok, Spotify e social simili affinano le interfacce per spingerci a consumare sempre più contenuti, Opal si affida a dati in tempo reale e test A/B basati sul crowd-sourcing per calibrare la durata ottimale del blocco e accompagnare l’utente in un vero percorso di disintossicazione digitale.
Grazie a tutto questo, Opal sta arrivando anche sui banchi di scuola. Ha già siglato un accordo con la Harvard-Westlake School. Gli studenti dovranno installare l’app sui telefoni e attivarla non appena giungono a scuola. Una sorta di registro evidenzierà quanto tempo sono state bloccate le app incriminate; un tipo di controllo che ha già permesso alla società di Schlenker di raccogliere dati sulle “dipendenze da schermo”. È risultato come New York sia una delle città dove si passa maggior tempo sui cellulari, circa quaranta minuti in più al giorno rispetto a Parigi.
Bravi i cugini francesi ma questa storia riporta alla mente quanto scriveva già nel 1934 Thomas Stern Eliot a proposito degli uomini: “Essi cercano sempre di evadere dal buio esteriore e interiore sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’esser buono”. Si tratta di un’antica tentazione: trovare strategie, procedure, meccanismi che possano eludere la fatica di prendersi delle responsabilità, sacrificarsi... Capita ovunque, non solo con i cellulari. E’ molto più facile affidarsi alla tecnologia, ad una compressina magica, al guru di turno, che dire: “io”. Lo vedremo sempre più, quest’atteggiamento, davanti ai rischi connessi all’uso dell’Intelligenza artificiale. Ben vengano allora questa ed altre app ma nessuno si illuda di poter eludere la fatica dell’educazione, della decisione, della libertà.

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