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Cose dai nostri schermi
I chatbot mettono in crisi i motori di ricerca Google e Apple
Per la prima volta in 22 anni calano le ricerche su Safari. L’AI generativa e le nuove abitudini degli utenti minacciano il dominio di Big G e il futuro del web come lo conosciamo
“Non succedeva da ventidue anni”. Lo ha detto Eddy Cue, vice presidente senior dei servizi di Apple, in tribunale, nel contesto del procedimento di Antitrust in corso contro Google. L’argomento era proprio Google, o meglio il numero di ricerche fatte con il servizio attraverso Safari, il browser di Apple, che nel mese scorso sarebbe sceso. Siamo tutti cresciuti sapendo che se volevamo trovare qualcosa online, potevamo usare diversi servizi ma uno su tutti dominava il mercato: Google, da cui anche il verbo “googlare”. Da alcuni anni, però, registriamo anche avvisaglie sempre più vicine e concrete di un cambiamento sistematico nelle abitudini di alcuni utenti, specie i più giovani, abituati a cercare in maniera diversa. In principio era TikTok: nel marzo del 2022, cioè otto mesi prima del lancio di ChatGpt, il New York Times raccontava che la Generazione Z, quella dei nati tra il 1995 e il 2012 circa, ormai si era abituata a usare TikTok anche per cercare informazioni online.
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Poi arrivò ChatGpt, appunto, che aprì la corsa alle intelligenze artifiicali generative, che sono i maggiori indiziati per l’improvviso calo denunciato da Cue. Tanto che da tempo gli analisti aspettano un segnale che sia in grado di confermare quello che in molti sospettano da tempo, e cioè che l’utilizzo di chatbot intaccherà il numero di ricerche online tradizionali. Anche per questo, nel giro di pochi minuti dopo le dichiarazioni di Cue, il titolo in borsa di Alphabet, il gruppo che comprende Google, ha perso più del 7% in borsa.
Certo, Google rimane un servizio fondamentale con circa il 90% del mercato ma sempre più persone si stanno abituando a “chiedere a ChatGpt” (o Perplexity, Claude, Meta AI, Mistral, Deepseek…) invece che fare una ricerca su Google, Bing o Duckduckgo. La stessa Google ha lanciato “AI Overview”, un servizio da poco disponibile anche in Italia, con cui sono le AI dell’azienda a offrire la risposta agli utenti, prima dei consueti risultati. Insomma, Google si è ritrovata costretta a giocare a un gioco – quello delle AI generative – che rischia di minare le fondamenta del suo impero, e nel quale paradossalmente deve subire la concorrenza di una non profit (almeno tecnicamente) come OpenAI.
Non a caso nelle settimane successive al lancio di ChatGpt, alla fine del 2022, la dirigenza di Google dichiarò un “codice rosso”, una situazione di emergenza totale interna, perché la minaccia dei chatbot era chiara: sostituirsi ai vecchi motori di ricerca. E non solo: anche rottamare l’idea di navigare il web provando un paio di risultati, e quindi aprendo diverse pagine nella speranza di trovare quello che si cercava. Più pagine l’utente apriva, ovviamente, più pubblicità Google poteva offrirgli.
Come ha scritto Casey Newton nella newsletter Platformer, le conseguenze di questo si stanno vedendo anche nel calo della CTR (Click-through rate, la percentuale di utenti che cliccano un link dopo aver visitato una pagina), che in alcuni casi è calata del 70-80%. A essere colpite sono soprattutto le pagine da cui Google trae le informazioni per le sue risposte automatiche.
Anche Apple non se la sta passando bene, seppur per diverse ragioni. Cue era stato chiamato a testimoniare sull’accordo che lega l’azienda con Google: quest’ultima infatti paga Apple circa 20 miliardi di dollari all’anno per mantenere il suo motore di ricerca di default su Safar, il browser dell’aziendai. Un’enorme spesa che però ha permesso a Google di consolidare il suo monopolio nel settore assicurandosi l’utenza Mac e iPhone: ed è probabile che il giudice imporrà a Google di interrompere questi pagamenti, privando di Apple di un assegno annuale notevole. Nel frattempo, proprio Apple ha lanciato lo scorso anno Apple Intelligence, una suite di prodotti AI che si è rivelata per ora non all’altezza delle aspettative (anzi, inesistente, in alcuni casi).
Apple e Google sono due giganti alle prese con una rivoluzione imprevista, e che, nonostante i molti investimenti fatti nel corso degli anni, non sono stati in grado di guidare. Ci ha pensato un underdog come OpenAI a farlo, rompendo uno status quo sul quale forse si erano un po’ appoggiati. È un mondo nuovo, quello post-ChatGpt, al quale nessuna delle due aziende sembra essere del tutto preparata.
