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Editoriali

Meno Cina, più sicurezza: l'Italia blinda cybersicurezza e videosorveglianza

Redazione

Arriva il decreto che esplicita da dove verranno le tecnologie per la pubblica amministrazione. Niente più scanner e telecamere cinesi negli appalti pubblici, priorità a fornitori italiani, europei o dei paesi partner

 

Non importa quanto poco costi quell’apparecchiatura tecnologica: se ce n’è una  prodotta in Italia o da paesi alleati – europei, della Nato o di altri sei paesi elencati, tra cui Giappone, Israele e Svizzera – allora sarà quella da adottare. E’ stato pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale il decreto del presidente del Consiglio che mette alcuni confini all’istallazione di telecamere, scanner e altri servizi tecnologici provenienti da paesi che non sono all’interno del perimetro di sicurezza individuato dal governo. Nel decreto non è menzionato alcun paese “ostile”, ma tutti sanno a chi ci si riferisce: la Cina. Per anni la tecnologia cinese è arrivata anche nelle sedi dell’Amministrazione pubblica grazie a offerte scontatissime: per molti analisti la capacità cinese di mantenere così bassi i prezzi di alcuni strategici elementi tecnologici è sempre stata aiutata dalla leadership cinese, che poteva così costruire parte della sua guerra ibrida diffondendo tecnologia potenzialmente “bucabile” un po’ ovunque. E così per anni abbiamo risposto al libero mercato affidandoci alle offerte più convenienti, ma quel mondo non esiste più. Da qualche mese il governo stava cercando la soluzione al problema degli scanner del gigante cinese Nuctech – sotto sanzioni negli Stati Uniti – che l’anno scorso aveva vinto un bando dell’Agenzia delle dogane per l’istallazione di scanner portuali. L’intelligence aveva mostrato la criticità di affidare il controllo dei cargo  a una società cinese, ma mancava ancora un pezzo normativo, una specie di “golden power” anche per i contratti di beni e servizi informatici. Nell’elenco delle categorie tecnologiche “per le quali sono necessari elementi essenziali di cybersicurezza” ci sono i sistemi antivirus, i cloud, i software per il controllo droni, ma soprattutto i “sistemi di videosorveglianza per controllo accessi e sicurezza fisica, nonché sistemi di acquisizione immagini per finalità di controllo, compresi gli scanner”. Tra il 2020 e il 2021 furono istallate perfino a Palazzo Chigi telecamere e termoscanner della Dahua Technology: chissà se la nuova fase della cybersicurezza prevede anche la loro rimozione. 

 

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