(foto Ansa)

La lettera

Gli smartphone sono droga per i giovani, l'ha detto la scienza (e il Parlamento). Ci scrive Cangini

Andrea Cangini

La rivoluzione digitale non va né assecondata acriticamente, né avversata ottusamente: va governata. E con la circolare appena pubblicata il ministro Valditara dimostra di volerlo fare

Al direttore - Ammetto la mia colpa, ma chiamo in correità l’intero arco costituzionale. E’ vero, la relazione con cui, al termine della scorsa legislatura, la commissione Istruzione del Senato concluse l’indagine conoscitiva da me promossa sull’“Impatto del digitale sui processi di apprendimento degli studenti” porta la mia firma. Ma, cosa rara in Parlamento, fu approvata all’unanimità. Evidentemente, le audizioni con cui neurologi, psicologi, pedagogisti, grafologi e via elencando misero a nudo il tema della dipendenza da smartphone e le implicazioni negative che l’abuso di web determina sui più giovani furono da tutti ritenute fondate. 

 

 

Ne nacque un libro, “CocaWeb, una generazione da salvare”, che l’allora ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi (area Pd), ebbe la bontà di presentare al Tempio di Adriano a Roma senza nulla eccepire. Tra le tante proposte, vi era anche quella di rendere effettivo il divieto di utilizzo degli smartphone nelle classi. Niente di rivoluzionario. Lo prevedeva una circolare del ministro Fioroni datata 2007. E’ quello che il governo francese guidato dal non certo reazionario Emmanuel Macron dispose nel 2018. “La dipendenza dei telefonini può diventare una piaga nelle nostre società, che nuoce ai rapporti umani. Il nostro è un messaggio di umanità destinato ai bambini e agli adolescenti sulla necessità di guardarsi negli occhi, di parlarsi, di saper lasciare il telefono in disparte”, scandì l’allora ministro dell’Istruzione francese, Jean-Michel Blanquer. Ineccepibile. 

 

Che gli smartphone non siano percepiti come uno strumento esterno, ma come un’appendice del proprio corpo lo dicono tutte le ricerche internazionali. Che il loro uso crei una dipendenza psicologica è verità acclarata dalla comunità scientifica. Che l’abuso di smartphone e videogiochi sia una delle principali cause dell’impennata di fenomeni di ansia, depressione, aggressività e disturbi alimentari nei più giovani, pure. Così come è acclarato il fatto che trascorrere mediamente sei ore (questo dicono le statistiche) al giorno immersi nel web stia compromettendo le capacità mentali dei più giovani: memoria, spirito critico, soglia di attenzione… Che anche solo la presenza fisica di un telefonino appoggiato sulla scrivania rappresenti un elemento di distrazione è provato da diverse ricerche. Che uno studente su quattro utilizzi il telefonino in classe esattamente come lo utilizza a casa (videogiochi, chat, visione compulsiva di video) lo dimostra un recente studio dell’Università Bocconi. 

Non trovo, dunque, strano che l’attuale ministro dell’istruzione, Giuseppe Valditara, abbia voluto ribadire il divieto di utilizzo degli smartphone nelle classi durante l’orario scolastico. Confesso che mi ha fatto piacere, poiché dimostra l’utilità del Parlamento, il fatto che abbia giustificato tale divieto facendo esplicito riferimento alla relazione approvata all’unanimità dalla commissione Istruzione del Senato. La rivoluzione digitale non va né assecondata acriticamente, né avversata ottusamente: va semplicemente governata.

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