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nuovi slogan

Meta rilancia Clegg e fissa le priorità: l'azienda, chi ci lavora e poi noi

Pietro Minto

La comunicazione interna del nuovo progetto di Zuckerberg impone ai dipendenti di priorizzare Meta, poi i colleghi, e infine se stessi

Come si trasforma un gigante da 3,6 miliardi di utenti in qualcos’altro? E’ la domanda a cui Meta, l’azienda che include Facebook, Instagram, Whatsapp e tutte le contee dell’impero Zuckerberg, sta cercando di rispondere. Non è una transizione facile per un impero da 68 mila dipendenti sparsi in tutto il mondo, che da qualche mese si prepara a sbarcare sul Metaverse, la fantomatica nuova frontiera del web.

 

Nel frattempo, però, le cose cambiano. Da tempo Meta accusa una certa difficoltà a trovare personale qualificato, a causa dei molti scandali che hanno reso i suoi brand quasi “tossici” per molti nuovi sviluppatori, oltre che per la concorrenza ferocissima nella Silicon Valley. Per questo ha fatto sorridere l’annuncio, risalente a martedì scorso, di una riforma della comunicazione aziendale interna che passerà soprattutto per gli slogan aziendali. Sì, gli slogan. Si tratta di un intervento cosmetico che non ha generato grandi simpatie tra i dipendenti e che difficilmente riuscirà a sollevare gli animi di chi lavora per una piattaforma in cerca di autore, ma che fotografa bene la situazione di Meta a inizio 2022.

 

Vediamole, queste modifiche interne. Per molti anni lo slogan ufficiale di Facebook è stato il celebre – e famigerato – “Move fast and break things”, una frase particolarmente zuckerberghiana che possiamo tradurre con: “Muoviti veloce e rompi tutto”. Parole sospese tra la hacker culture e l’anarco-capitalismo, che oggi risultano scomode visto che il social network ha mezzo Congresso alle calcagna e farebbe meglio a muoversi con cautela senza rompere nulla. Così, la frase è stata a suo tempo tagliata, diventando: “Move Fast”. Muoviti veloce. Ok, ma dove? Questa settimana è arrivata la tanto attesa precisazione: “Move Fast Together”. Muoviti veloce, insieme.

 

A cambiare sono stati anche i “corporate value”, i valori aziendali, riassunti in frasi quali: “Live in the future”, vivi nel futuro, ma anche “Sii diretto e rispetta i tuoi colleghi”. A giudicare da queste scelte, Meta mira a imporsi come azienda-mondo, diventando il punto di riferimento dei suoi dipendenti. Secondo la nuova gerarchia interna descritta da Zuckerberg, infatti, i dipendenti saranno tenuti a priorizzare Meta, poi i colleghi, e infine se stessi. Il tutto è riassunto in una slide in cui compaiono tre parole: Meta; metamates; me.

 

“Metamates” è un gioco di parole tra le parole Meta e “teammates” (compagni di squadra), di cui è anagramma perfetto. Insomma: prima l’azienda, poi i colleghi, poi te stesso. La logica sembra rifarsi al settore navale, un mondo che però si presta a battute e ironie  di questi tempi (ogni nave può affondare, si sa) e che non basta a risanare i problemi strutturali di Facebook&Co. I cui dipendenti  on possono fare a meno di notare la natura oppressiva di questi slogan. Prima l’azienda, poi chi ci lavora, infine te.

 

E’ stata una settimana decisiva per l’azienda, quindi le modifiche non hanno riguardato solo questi aspetti comunicativi. Il giorno dopo il varo dei “metamates” è stata la volta della nomina di Nick Clegg a Presidente della divisione “Global Affairs”. Clegg è un volto conosciuto: è stato leader del partito britannico dei Lib-dem, che insieme ai Tory di David Cameron guidò il Regno Unito dal 2010 al 2015. Dal 2018 Clegg lavora per Facebook, di cui è il de facto ministro degli Esteri. La nomina a capo dei Global affairs di Meta è un ulteriore passo avanti per lui, un cambiamento che permette a Zuckerberg di fare un passo indietro e all’inglese di porsi allo stesso livello di Sheryl Sandberg, la direttrice operativa di Facebook nota per il suo bestseller “Lean In” (in italiano “Facciamoci avanti. Le donne, il lavoro e la voglia di riuscire”, Mondadori).

 

Proprio Zuckerberg sembra aver voluto premiare Clegg per la determinazione con cui ha difeso Facebook in questi anni, ma anche trovare un modo di farsi da parte rispetto la gestione pubblica dell’azienda. L’ex vice di Cameron sarà quindi l’interfaccia tra Meta e i suoi molti guai politici, un ruolo dal quale dipenderà il futuro del colosso, oltre che quello di Clegg.
 

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