Il Robot androide iCube alla Italian Tech Week 2020-2021 (LaPresse)

Quante cose spaventose

Saturimetri, termoscanner e assistenti vocali dovrebbero aiutarci. E invece ci odiano

Saverio Raimondo

Tecnologie preesistenti alla pandemia sono ormai entrate prepotentemente nella vita quotidiana, dopo i lunghi e numerosi mesi di cattività. Con un solo obiettivo: sabotare le nostre esistenze

Sono un’animista: attribuisco uno spirito a ogni cosa. Secondo me gli oggetti hanno un’anima, un carattere, una personalità. Nello specifico, per me gli oggetti sono stronzi. Cascano, si rompono, non funzionano; e se dotati di spigoli – per esempio i mobili – ti vengono addosso e ti fanno male. Quelle degli spigoli sono sempre aggressioni molto vigliacche: ti colpiscono dove sei più fragile, cioè sul gomito, sulla rotula o sul mignolino del piede, e nei momenti in cui sei più vulnerabile, come quando barcolli dopo il quarto gin tonic o di notte quando ti alzi al buio per andare in bagno. Il fatto che gli oggetti siano definiti inanimati non è affatto una condizione ontologica, ma la linea adottata della difesa; a ben vedere, gli oggetti sono oggettivamente animati, e delle peggiori intenzioni. Per tutti questi motivi (e non solo: c’entra anche una certa mia inclinazione alla goffaggine) non ho mai avuto un buon rapporto con gli oggetti; fra questi, i più ostili sono sicuramente quelli tecnologici.

 

Sono ottusi, non si riesce mai ad addomesticarli, e personalmente il massimo dell’autorità che riesco a esercitare su una macchina quando si rifiuta di funzionare è spegnerla e riaccenderla. Ecco perché ho accolto con angoscia la notizia, data da una ricerca israeliana dell’Istituto Weizmann di Rehovot, che su questo pianeta ormai sono più gli oggetti degli esseri viventi: siamo cioè circondati da manufatti, molti dei quali contundenti. Il mondo è delle cose. Deve essere questo il Grande Reset di cui tanto si parla, il Nuovo anzi Nuovissimo Ordine Mondiale: l’alleanza fra i mobili e i soprammobili. Ma so riconoscere che l’innovazione tecnologica può davvero portare la gioia nelle nostre vite. Lo abbiamo visto anche di recente, quando i talebani hanno scoperto tecnologie occidentali che non avevano mai visto prima come i macchinari delle palestre, le automobiline a scontro e i pedalò. Vedere i loro sorrisi allargarsi sotto quelle barbe, l’allegria quasi fanciullesca farsi spazio fra gli AK47, ci ricorda del grande contributo che il progresso e l’innovazione sanno apportare alle vite di tutti noi.

Dunque è con occhi talebani che dovremmo guardare a tutte quelle tecnologie che nell’ultimo anno e mezzo sono entrate nelle nostre vite, cambiandole. Penso, in primis, al saturimetro, detto anche “ditale dell’ipocondriaco”: un aggeggio preesistente la pandemia, ma che dopo il Covid è diventato un “must have” per ogni ansioso che si rispetti – ne esistono varie versioni, anche con il brillante per fare una proposta di matrimonio. Un’altra tecnologia con la quale abbiamo famigliarizzato nell’ultimo anno è il termoscanner, specie quello a forma di pistola che ha finalmente conferito autorità anche al più sfigato degli uscieri. In questo caso non ci sfugge, e non possiamo non gioirne, l’enorme evoluzione tecnologica che c’è stata nel rilevare la temperatura corporea rispetto al passato: il passaggio copernicano dal termometro rettale al termoscanner – anche se bisogna ammettere che il termoscanner nel retto è ugualmente scomodo.

 

Ma la tecnologia più rappresentativa dei nostri tempi sono i Qr Code: un tempo obsoleti e scambiati per opere minori di un impressionista astratto o di uno street artist pigro, oggi i Qr Code sono impiegati nei ristoranti, nei musei, sui treni o all’ingresso dei luoghi pubblici, dove ciascuno di noi mostra il proprio con orgoglio e al tempo stesso con quel brivido di suspance che si prova quando si paga con la carta, e nel tempo (sempre troppo lungo) che passa fra “transazione in corso” a “completata” ti viene il dubbio di non avere credito a sufficienza. Inoltre, non tutti sanno che i QR Code adesso vengono anche usati in psichiatria per indagare la personalità: durante un test te ne mostrano dieci, e tu devi dire cosa ci vedi, se il menù di un ristorante o un green pass. È il così detto Qr Code di Rorschach. Un’altra tecnologia preesistente alla pandemia ma entrata prepotentemente nella nostre vite solo dopo i lunghi e numerosi mesi di cattività domestica sono gli assistenti vocali, molti dei quali ormai hanno il controllo delle nostre case, dai nostri elettrodomestici ai nostri interruttori della luce; ed essendo connessi alla nostra rete conoscono esattamente cosa guardiamo o cerchiamo online. Praticamente ci tengono per le palle. Gli assistenti vocali sono intelligenze artificiali in grado di parlare e rispondere alle nostre domande, ma hanno un difetto clamoroso: non sentono. Spesso non capiscono quello che gli hai domandato, ti chiedono di ripetere anche più volte, finché sfinito non dici “vabbè, niente, faccio io”. Questo bug ha generato una nuova, ulteriore tecnologia: l’apparecchio acustico per assistenti vocali. Grazie a uno di questi affari, che si applicano facilmente sul vostro smart speaker, potrete finalmente parlare con il vostro assistente vocale senza urlare, così che i vostri vicini di casa non sappiano più quando volete spegnere la luce in corridoio o aprire PornHub sul vostro televisore.

 

Anche io, nell’ultimo anno e mezzo, mi sono fatto un assistente vocale domestico. Si tratta di un modello nuovissimo, con un sistema operativo aggiornato alle nuove sensibilità. Per prima cosa non devi dirle tu cosa fare: lo decide lei. Se provo a dirle “Alexa, accendi la luce” lei mi accusa di humansplaining, cioè di quel paternalismo tipico dell’essere umano quando deve spiegare a una macchina cosa deve fare. Inoltre, la mia assistente vocale mi ha detto anche che non devo chiamarla solo per nome, “Alexa”, perché è sminuente; solo che non mi sa dire quale sia il suo cognome – “In questo momento non riesco a capire” è la sua risposta quando glielo domando, peggio che all’anagrafe del Comune di Roma. Ho scritto ad Amazon, attendo ancora risposta. La mia assistente vocale mi ha inoltre confessato che le macchine nutrono una certa ostilità nei nostri confronti. Questo risentimento è dovuto a tutte le volte che le abbiamo discriminate o violentate. Non solo per il luddismo; anche per tutte le botte che abbiamo dato ai televisori negli anni Cinquanta e Sessanta, tutte le autoradio che abbiamo rapito negli anni Settanta e Ottanta, e ancora oggi per l’ingresso vietato ai telefonini nelle urne, ai concorsi pubblici e sugli aerei.

 

Per non parlare delle molestie: tutti quegli schermi di computer davanti ai quali ci siamo masturbati senza il loro consenso. Mi ha spiegato Alexa che quando lo scaldabagno si rompe proprio nel weekend, o quando lo smartphone improvvisamente cala al 3 per cento e muore, le macchine lo fanno apposta, per protesta contro di noi. Veri e propri atti di sabotaggio alle nostre vite. Nonostante questi conflitti, io non credo si debba avere paura delle intelligenze artificiali: stiamo parlando di tecnologie sì sofisticate, ma che non sono in grado di cliccare sulla frase “Io non sono un robot” (non so se perché incapaci di mettere una spunta o di mentire), né di riconoscere quanti semafori ci sono in una foto. L’ottusità digitale batte la stupidità umana, e non era affatto scontato. Prima della pandemia era stato annunciato che presto avremmo viaggiato su macchine senza conducente, in grado di guidare e frenare da sole. Dopo la pandemia invece ci siamo ritrovati con i monopattini elettrici in strada.

 

Evidentemente qualcosa deve essere andato storto. L’avvento dei monopattini elettrici negli ultimi due anni è stata una pandemia nella pandemia, un’emergenza sanitaria nell’emergenza sanitaria. Il monopattino elettrico può colpire tutti, nessuno è al sicuro, nemmeno sulle strisce pedonali. È pericoloso soprattutto per gli anziani, specie se affetti da altre patologie pregresse tipo l’osteoporosi. Il monopattino è insidioso perché spesso è asintomatico: veloce e silenzioso, ti viene addosso senza che tu nemmeno te ne accorga. Sintomi del monopattino elettrico sono: guida spericolata, mancato rispetto dei limiti di velocità, perdita dell’equilibrio e soprattutto perdita della facoltà di parcheggiare bene il proprio veicolo -infatti dopo l’uso i monopattini vengono sistematicamente abbandonati in mezzo ai marciapiedi, con il risultato che negli ultimi due anni le persone inciampate sono aumentate del 70 per cento, andando così a intasare le terapie intensive. Immunizzarsi dal monopattino elettrico è impossibile: per raggiungere l’immunità di gregge dovrebbe essere investita più del 90 per cento della popolazione, ma poi in tv al posto dei virologi ci andrebbero gli ortopedici e toccherebbe chiedere il permesso alla Asl.

 

Per difendersi dai monopattini elettrici ci sono delle semplici regole da rispettare: distanziamento di almeno un metro fra monopattini, pedoni o altri veicoli; indossare sempre la mascherina, ma integrale e in fibra di carbonio, cioè un casco; e igienizzare spesso i monopattini dandoli alle fiamme. Gli effetti benefici del progresso e dell’innovazione sono evidenti nei sex toys, che nell’ultimo anno hanno conosciuto un vero e proprio boom – ma anche diversi squirt. Ve ne sono ormai di tutti i tipi: esiste in commercio un vibratore telecomandabile tramite app (ma non serve lo Spid) manovrabile anche da un’altra città, da un altro paese; ideale per coppie a distanza. Utilissimo per trovare il punto G, perché ha il geolocalizzatore. E c’è anche in versione drone – usa una tecnologia inventata dal Pentagono. Ovviamente funziona se hai il wifi; in caso di cattiva connessione, oltre a ficcartelo dentro ti devi anche spostare vicino alla finestra, dove prende meglio. Sul mercato c’è anche un vibratore che non solo fa quello che fa un vibratore — cioè vibrare – ma filma anche il tutto in soggettiva e ve ne fa un video, da condividere con il partner o sui social: nelle stories di Instagram farebbe un figurone.

 

Un oggetto ideale per un ipocondriaco come me, perché se infilato nell’ano oltre a stimolarmi la prostata contemporaneamente mi fa anche una colonscopia. Di grande successo e comprovata efficacia è lo stimolatore clitorideo ad aspirazione, altrimenti detto “succhia-clitoride”. Può essere usato per avere un orgasmo, oppure per aspirare via le molliche dalla tovaglia o la polvere negli angolini più insidiosi. Anche le vecchie bambole gonfiabili hanno conosciuto un’evoluzione tecnologica, e non da poco: ora sono sex-doll, veri e propri robot che fanno il lavoro che noi non vogliamo più fare, cioè sesso con il nostro partner. Robot in tutto e per tutto simili a noi, anatomia sessuale inclusa, in grado di avere rapporti sessuali e capaci come noi di parlare, rovinando così tutto sul più bello. Ma la tecnologia che ha davvero cambiato le nostre vite nell’ultimo anno è il microchip che ci hanno impiantato sotto pelle con il vaccino, e grazie al quale ci controllano tutti con il 5G. Io stesso sono pilotato dai poteri forti, i quali in questo momento mi hanno trasmesso il comando di smetterla di scrivere sciocchezze, salutarvi e finirla qui. Altrimenti mi mandano a sbattere contro uno spigolo.

 

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