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La rivolta anti tracking

Daniele Raineri

C’è uno scontro di civiltà tra Facebook e Apple per i tuoi dati. Populisti e aziende vanno pazzi per le informazioni raccolte dai telefonini, ma per la prima volta si può dire a un Iphone di limitare ciò che le app sanno di noi 

Apple ha fatto appena uscire un aggiornamento per il sistema operativo dei suoi telefoni –  iOS 14.5 – e di solito è una cosa scontata. Questa volta però c’è una novità enorme e prima di spiegare di cosa si tratta è necessaria una precisazione: Apple non sta pagando in nessun modo questo articolo. La novità è che questa volta nell’aggiornamento c’è una funzione, l’App Tracking Transparency, che chiederà al proprietario del telefono se vuole oppure no permettere alle app di studiare il suo comportamento. Fino a oggi non era così.

 

Cominciamo con la roba meno pericolosa: noi scarichiamo una app gratuita che ci dice che tempo farà domani e intanto quella app registra ogni giorno la posizione del telefonino, conserva quei dati e li spedisce all’azienda che ha scritto la app, che li può vendere ad altri senza che noi ci facciamo caso. La app non vende il nostro nome e cognome ma se – sempre per esempio – risulta che spesso andiamo su qualche pista da sci allora chi riceve i nostri dati ci registra come persone interessate allo sci e quindi come target ideale di pubblicità di prodotti per lo sci. Basta moltiplicare per milioni di volte questa cosa e si comincia ad avere un’idea delle opportunità di business. Inoltre una volta che hai i dati contenuti nel telefonino non è difficile, per chi vuole, risalire alla nostra identità. Abbiamo un’impronta unica nello spazio e nel tempo. Chi è che passa molto tempo in casa nostra e va spesso al nostro luogo di lavoro? Siamo soltanto noi. Con il nuovo aggiornamento il telefono Apple ci chiederà: vuoi che la app che usavi per sapere che tempo farà abbia accesso ai tuoi dati? Possiamo rispondere di no. Sembra una sciocchezza, ma di queste rivoluzioni silenziose è fatta la storia degli anni recenti. Il trumpismo e la Brexit sono stati costruiti sulla raccolta di massa di dati che hanno permesso la profilazione degli elettori su una scala mai vista prima. Era il sogno di ogni stratega elettorale. Facciamo di nuovo un esempio: se hai denaro soltanto per raggiungere il 60 per cento degli elettori con la tua pubblicità elettorale, su quali investi? Quali sono le persone sulle quali il tuo messaggio è molto probabile avrà effetto e quali sono quelle che è meglio evitare perché è come sprecare soldi? Grazie ai dati contenuti nei telefonini puoi sapere che cosa dire e a chi. Gli esperti dicono che è uno scontro di civiltà che va avanti da anni tra Facebook, che vive grazie a questa raccolta di dati, e Apple, che si oppone. Nel 2019 Mark Zuckerberg di Facebook chiese a Tim Cook come fare a risolvere tutte le accuse contro Facebook. Cook rispose acido: cancella tutti i dati che raccogli. Zuckerberg non seguì il consiglio, non poteva. Sembra che adesso Cook abbia deciso di offrire una contromisura. In realtà questi esempi non sfiorano nemmeno il cuore del problema e la pericolosità della raccolta dati.


Due giorni fa il Wall Street Journal ha raccontato la storia di PlanetRisk Inc., un’azienda che nel 2016 comprava dati dalle app finto innocue come quelle meteo, app per fare incontri e di videogiochi, per seguire gli spostamenti dei rifugiati. L’idea era tracciare il percorso che avevano fatto e poi vendere le informazioni alle agenzie del governo che si occupano di antiterrorismo. Immaginarsi la scena: dici di essere un siriano scappato da Aleppo ma allora perché ci risulta che abitavi a Damasco? L’azienda si è accorta che nella massa di dati alla rinfusa c’erano telefonini che dagli Stati Uniti si erano spostati in una fabbrica di cemento nel nord della Siria: era la base delle forze speciali americane, a quell’epoca impegnate contro lo Stato islamico. Era un’informazione segreta che nessuno conosceva e che l’azienda, considerati i rischi, si guardò bene dal divulgare. Altri potrebbero essere meno amichevoli. Un soldato scarica un videogame mentre è in Carolina e tradisce la sua posizione quando è sul fronte in Siria con un’approssimazione di poche decine di metri perché i suoi dati sono in vendita. In una guerra del futuro le app potrebbero guidare i bombardamenti di chi non è stato abbastanza accorto (qui si scrive “del futuro”, ma è sicuro che questo stratagemma sia stato già usato, solo non sappiamo ancora con certezza da chi). 


Il Nyt quindici mesi fa pubblicò un articolo che faceva vedere un altro uso molto insidioso, anche se non immediatamente letale. I ricercatori quella volta avevano raccolto i dati della localizzazione ai funerali del senatore John McCain, in una chiesa piena di persone importanti, e poi avevano seguito i telefonini per mesi. In teoria erano anonimi, in pratica c’era voluto poco per capire di chi fossero, perché i luoghi registrati dalle app coincidevano con i luoghi di lavoro degli ignari proprietari di telefonini. Con abbastanza mesi di dati si può sapere tutto di un soggetto: sta andando davvero a lavorare oppure sta tradendo sua moglie? Sta bene oppure sta male? Il mondo è pieno di soggetti che sanno come usare queste informazioni. 

 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)