La generazione smartphone vede la propria infelicità in uno schermo

Eugenio Cau

Un saggio sui nati dopo il Duemila "sull'orlo della crisi mentale"

Roma. La professoressa Jean M. Twenge della San Diego State University, docente di psicologia, studia i trend generazionali da venticinque anni. Ha lavorato sul senso di ribellione dei baby boomer, sul desiderio di indipendenza della generazione X, sull’individualismo dei millennial. (Veloce ripasso del calcolo convenzionale delle generazioni: i baby boomer sono i nati dal 1945 al 1965; la generazione X è nata tra il 1965 e il 1980, i millennial tra il 1980 e il 2000). La Twenge ha sempre saputo che i grandi cambiamenti generazionali, anche i più drastici, avvengono gradualmente. Negli studi, i trend di comportamento tra i membri delle varie generazioni si muovono dolcemente sui grafici, i fenomeni sociali impiegano dieci o vent’anni per dispiegarsi completamente e ogni sondaggio d’opinione mostra caratteristiche di continuità ed evoluzione. Le cose si sono mantenute così fino al 2012, quando la Twenge ha iniziato a studiare gli adolescenti di questi anni, la cosiddetta generazione Z, i nati dopo il 2000. I grafici su comportamenti ed emozioni degli adolescenti Z da levigate colline in continuità con i millennial sono diventati picchi e voragini, e Twenge ritiene che mai nella sua carriera, e forse mai nella storia, una generazione ha fatto un cambiamento così radicale in stile di vita e modalità di fare esperienza del mondo come gli adolescenti di oggi.

 

In un lungo articolo pubblicato sull’Atlantic (estratto di un libro in uscita: “iGen: Why Today’s Super-Connected Kids Are Growing Up Less Rebellious, More Tolerant, Less Happy—and Completely Unprepared for Adulthood“—and What That Means for the Rest of Us”) rinomina la generazione Z come iGen e scrive che è in corso una mutazione antropologica fondamentale, spinta da due fattori: l’introduzione dello smartphone e del tablet e la diffusione dei social network.

 

Per Twenge il 2012 è l’anno della svolta: cinque anni fa la crisi economica che aveva colpito tutto l’occidente era appena finita, ma la gente ne stava ancora subendo i contraccolpi; soprattutto, è stato l’anno in cui il numero degli americani in possesso di uno smartphone ha superato il 50 per cento della popolazione (noi europei siamo arrivati qualche anno dopo). In quegli anni, gli adolescenti hanno iniziato a mostrare caratteristiche completamente nuove. Il cambiamento non era solo nella velocità delle mutazioni, ma anche qualitativo, e riguarda il modo in cui gli adolescenti fanno esperienza del mondo. Secondo una gran massa di studi e sondaggi, gli iGen vivono in una realtà radicalmente diversa rispetto ai loro coetanei di qualche anno prima.

 

Questa nuova realtà ruota intorno allo schermo – dello smartphone, del tablet. Al contrario dei millennial, che hanno conosciuto una realtà analogica prima dell’avvento degli lcd e dunque hanno termini di paragone variegati, gli adolescenti di oggi hanno vissuto tutta la vita in un mondo in cui uno schermo connesso a internet e tendenzialmente collegato su un qualche social network è presente a ogni ora del giorno e della notte. Questo è noto, ma quella di Twenge non è la lamentela genitoriale del: “i ragazzini passano tutto il giorno attaccati al telefonino”. E’ uno studio corroborato da anni di indagine che mostra come “stare attaccati a uno schermo” significhi per gli adolescenti vivere ed esperire la realtà attraverso uno schermo.

 

Gli adolescenti occidentali non sono mai stati fisicamente al sicuro e psicologicamente vulnerabili come oggi. Hanno meno possibilità che mai di finire coinvolti in un incidente stradale o di diventare dipendenti da alcool e sostanze, ma il tasso di depressione e suicidi è aumentato esponenzialmente a partire dal 2011. Per Twenge, la iGen è “sull’orlo della peggior crisi mentale in decenni”, e gran parte di questa crisi è causata dalla dipendenza da smartphone.

 

I dati mostrano che negli ultimi otto-dieci anni gli stili di vita sono cambiati drasticamente. L’indipendenza dai genitori è desiderata dagli adolescenti di tutte le età, ma i membri della iGen nel 2015 passavano fuori di casa meno tempo di quanto non facessero gli adolescenti nel 2009. Diminuiscono i rapporti con l’altro sesso: i diciottenni che hanno avuto un appuntamento romantico nel 2015 in America erano il 56 per cento, contro l’85 per cento delle generazioni precedenti. Gli adolescenti hanno ridotto la loro attività sessuale del 40 per cento rispetto al 1991, ritardano la data in cui prendono la patente di guida, evitano di lavorare per pagarsi le proprie spese. I dati mostrano che gli adolescenti hanno più tempo libero rispetto a dieci anni fa, ma dal 2000 al 2015 il numero di ragazzi che passa tempo con i propri amici è calato del 40 per cento. Il campetto, la piscina, l’oratorio sono stati sostituiti dagli spazi virtuali degli smartphone, cui gli adolescenti dedicano una parte crescente delle loro vite. Ma ecco il problema: ogni ricerca ha dimostrato che la felicità dei ragazzi diminuisce in maniera proporzionale al tempo trascorso davanti allo schermo di uno smartphone o di un tablet. Ogni indagine mostra che la generazione più digitale della storia è sempre più sola, depressa e prona al suicidio, e che i social network, ponendo enfasi eccessiva sulla condivisione di ogni momento, finiscono per esaltare l’esclusione dei meno integrati.

 

Con toni drastici, Twenge disegna un mondo adolescenziale in cui lo schermo è diventato il filtro e il sostituto di tutti i rapporti. “Se volete un consiglio basato sui dati per un’adolescenza felice è semplice: mettete giù il telefono, spegnete il computer e fate qualcosa – qualunque cosa, basta che non ci sia uno schermo”. 

 

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.