Videogiochi nel cervello, è l'effetto Tetris

Giovanni Battistuzzi
Vedete mattoncini cadere, caramelle illuminarsi, frutta tagliarsi prima di andare a dormire? Tranquilli non siete pazzi è solo la vostra corteccia che fuziona. Da Tetris a Football Manager, ecco come i videogames possono cambiare la percezionie del reale.

Mattoncini impilati, frutta tagliata, cioccolatini e caramelle che si sovrappongono si scontrano si inseguono. E tutto quando si chiudono gli occhi, ci si prova a rilassare, quasi come se tutto quello che era apparso sullo schermo del proprio smartphone si fosse per osmosi trasferito nella testa. Oppure un'ossessione, il senso di accerchiamento militare che entra in camera da letto, il nero della notte che si accende e diventa panorama siberiano, o arabo, il suono dei proiettili, degli elicotteri. Tranquilli, non state diventando matti, sono cose che possono succedere e non c'entrano stress, stanchezza o problemi cerebrali, anzi. E' solo il vostro cervello che funziona.

 

E' l'effetto Tetris, ma può essere chiamato anche effetto Candy Crush, effetto Fruit ninja, effetto Ruzzle, il nome non conta, perché un nome la comunità scientifica non l'ha dato. Perché nonostante i videogiochi facciano parte da oltre trent'anni della quotidianità di una fascia di popolazione sempre più alta sono ancora pochissimi gli studi sugli effetti dei videogiochi sul nostro sistema cerebrale. E' un campo seguito più che altro dalla sociologia, soprattutto da chi spera che la violenza giovanile si possa attribuire tutta a Grand Theft Auto. "Cavolate", ha detto il dottor Attila T. Ceranoglu, psichiatra al Massachusetts general hospital, in una recente intervista su Newsweek, sottolinenando come le ricerche sui videogiochi siano "ancora vaghe e inconsistenti" e come "non ci siano correlazioni scientificamente provate di modifiche degli atteggiamenti sociali causate dai videogame".

 

Quei rimasugli ludici prima di dormire – cioè il fenomeno per cui le immagini dei videogiochi ci restano davanti agli occhi anche quando abbiamo smesso di giocare – non c'entrano niente con probabili forme di follia, con l'invadenza e la pericolosità dei videogiochi, sono il risultato semplicemente del fatto che il nostro cervello è attivo e funziona, bene. Il cervello umano è infatti dotato di due sistemi di memoria principali: l'ippocampo che registra i ricordi espliciti degli eventi della vita reale e la corteccia che trattiene i ricordi impliciti e tutti quegli automatismi che non necessariamente hanno un accesso consapevole, ma che ci aiutano nelle azioni di tutti i giorni. E dato che i videogiochi influiscono sulla corteccia, dato che i gesti che ci servono per giocare vengono considerati automatismi, ecco che una volta coricati questi vengono rianalizzati dai neuroni e le informazioni critiche estratte e classificate.

 

Un fenomeno questo che però può capitare anche in altri momenti del giorno, che può provocare leggere allucinazioni, come cubetti che cadono su oggetti reali, caramelle che appaiono rosse e brillanti all'improvviso, barre di vita che si illuminano sopra le teste. "Si chiamano fenomeni di trasferimento di gioco", racconta la dottoressa Angelica Ortiz de Gortari, psicologo della Nottingham Trent University che da anni studia il rapporto tra mente e videogiochi. "sono avvenimenti innocui che possono capitare quando siamo impegnati in attività passive e autonome come nell'addormentamento, nel guardare la tv, nel lavarsi ecc.

 

"Conta molto l'impegno e il coinvolgimento, non tutti i videogame creano i cosiddetti fenomeni di trasferimento di gioco", dice il ricercatore svizzero Thomas Augenhaller dell'Università di Strasburgo. "Ma ci sono alcuni giochi che sono talmente invasivi nel coinvolgimento che posso creare in alcuni casi forme di sovrapposizione del ludico/immaginario al reale". In un recente studio si è notato come, al contrario di quanto si è soliti pensare, i giochi che più coinvolgono i videogiocatori non sono sparatutto o giochi di strategia, ma i videogame manageriali.

 

[**Video_box_2**]Specialmente il calcio. Non ci sono patologie legate a giochi come Football manager, ma il livello di coinvolgimento e attenzione dei videoallenatori in molti casi "può sovrapporre gli eventi manageriali a quelli reali". Augenhaller fa riferimento a uno degli esperimenti fatti. A due gruppi di persone, uno composto di giocatori di Fm, l'altro non appassionati del gioco, sono stati sottoposti alcuni nomi di giocatori francesi e non, da valutare secondo una scala di valore da 0 a 10 in un lasso limitato di tempo. Si è visto come il giudizio dei due gruppi fosse più o meno lo stesso per i giocatori che avevano giocato in nazionale, mentre si scorgevano profonde differenze nei casi di giocatori forti soprattutto nei videogiochi. "Saivet è stato un caso emblematico: i non videogiocatori lo classificavano con una votazione tra il 5 e il 6, quelli che avevano giocato a Fm tra l'8 e il 9. Perché tanta differenza? Perché in due versioni del gioco era considerato un fenomeno".

 

Una forma di sovrapposizione della realtà che ha anche i suoi contraccolpi positivi. Football Manager, che a giorni presenterà il nuovo capitolo della saga, è sempre più utilizzato dalle squadre professionistiche come fonte di scouting di giovani talenti. E' il caso dell'Everton che da anni utilizza il database del gioco per indirizzare il lavoro dei propri osservatori. E' soprattutto il caso del Fc Midtjylland, squadra del massimo campionato danese fondata nel 1999 e campione in carica, che ha assoldato i primi due classificati della classifica nazionale di Fm come scout. Un azzardo che ha fruttato se si pensa all'acquisto del centrocampista Pione Sisto, giocatore ugandese ma naturalizzato danese, acquistato dal club di Herning per 150 mila euro e che in due stagioni ha fatto la fortuna della squadra (ora il suo valore di mercato è salito a circa 6/10 milioni di euro), oppure Awer Mabil, ventenne esterno australiano acquistato per poche migliaia di euro e già diventato titolare della formazione under 21 del proprio paese.

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