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Tutti gli inganni di Ashley Madison

Eugenio Cau

Sul sito di incontri per adulti quasi non c'erano donne in carne e ossa, rivelano i dati. I trucchi con cui i manager cercavano di spremere gli utenti. Un’inchiesta di Annalee Newitz sul sito di tecnologia Gizmodo ha analizzato i dati resi pubblici dagli hacker.

Le mogli e le compagne dei milioni di uomini iscritti ad Ashley Madison hanno una ragione in meno per preoccuparsi: i volenterosi infedeli hackerati e sputtanati nelle ultime settimane hanno peccato, ma difficilmente hanno colto i frutti del loro tentato tradimento sul sito di incontri per adulteri. Non solo perché il rapporto tra uomini e donne iscritti al sito è incredibilmente sbilanciato: circa sei a uno, 31 milioni di uomini per 5,5 milioni di donne. Ma anche perché di questi 5,5 milioni sembra che solo una piccolissima parte di donne usasse davvero il sito – o fosse semplicemente reale. Ieri un’inchiesta di Annalee Newitz sul sito di tecnologia Gizmodo ha analizzato i dati resi pubblici dagli hacker dimostrando che una piccolissima parte degli account femminili presenti su Ashley Madison, appena poche migliaia, appartiene a donne in carne e ossa ed era attiva, cioè usata con frequenza. Tutti gli altri account erano abbandonati, aperti magari da donne che cercavano di scoprire se il compagno le tradiva, oppure maldestramente falsi, creati ad arte dai dipendenti di Ashley Madison per attirare nel sito quanti più uomini possibile.

 

Newitz ha scoperto, per esempio, che 9 mila account femminili avevano usato per accreditarsi una email aziendale di Ashley Madison, e 68 mila altri account erano stati creati dai computer dell’azienda – o meglio: il loro indirizzo IP proveniva da un computer considerato “home” ad Ashley Madison. E’ difficile capire quanti account femminili fossero davvero falsi, i dati pubblicati dagli hacker non consentono di definirlo con certezza. Gli hacker stessi parlano di “migliaia” di fake, alcuni siti hanno sparato cifre enormi (il 90 per cento delle iscritte, ha scritto Salon). Il problema, però, è che veri o finti che fossero questi account erano quasi tutti inattivi. Per esempio, i dati dicono che 20,2 milioni di uomini hanno usato almeno una volta la casella di posta interna al sito per leggere possibili messaggi amorosi: solo 1.492 donne hanno fatto lo stesso. Undici milioni di uomini hanno usato la chat interna per cercare un approccio: le donne sono appena 2.400. Quasi sei milioni di uomini hanno risposto a un messaggio di un altro utente sul sito: le donne che hanno risposto sono state 9.700 (la discrepanza nei dati si giustifica con la possibilità di inviare risposte multiple).

 

Il quadro che ne esce sembra quasi comico: 20 milioni di uomini cercavano spasmodicamente relazioni piccanti in un sito popolato quasi solo da uomini, dove i dipendenti creavano o impersonavano falsi account femminili per attirare sempre più prede. “Dati alla mano, è difficile negare che la stragrande maggioranza degli uomini che usava Ashley Madison in realtà non stesse avendo una relazione infedele. Stavano pagando per una fantasia”, scrive Newitz.

 

[**Video_box_2**]Questo non significa che le scappatelle non ci siano state, e che l’attacco hacker contro Ashley Madison possa essere preso con leggerezza. I tre suicidi di coniugi infedeli sputtanati dagli hacker, due in Canada e uno in America, dimostrano quanto la vicenda sia grave, e ogni giorno escono nuove storie di matrimoni e fidanzamenti rovinati o di confessioni drammatiche. L’accatto ad Ashley Madison è una testimonianza quasi perfetta di come gli obiettivi degli hacker non si limitino a governi e grandi corporation. Il fatto che moltissimi account femminili fossero falsi o inattivi mostra però che non solo milioni di uomini hanno esposto le loro famiglie e compagne a rivelazioni tragiche, ma lo hanno fatto affidandosi a una società che anziché proteggere i loro segreti cercava di ingannarli.

 

Alla fine, l’unico numero certo sulla realtà degli account femminili di Ashley Madison è 12.108: è il numero delle donne che ha pagato per ottenere il servizio di “cancellazione completa” dal sito (gli uomini sono 173.838). Ashley Madison, infatti, prometteva agli utenti preoccupati per la loro privacy che, una volta usato il sito, se avessero pagato 19 dollari avrebbero ottenuto la cancellazione totale dei loro dati. Nessuna traccia del loro passaggio su Ashley Madison, nessuna prova delle relazioni extraconiugali, un lavoro pulito. Peccato però che il sito incassasse i soldi ma non cancellasse nessun dato: nomi e informazioni degli adulteri che hanno cercato di sparire sono ancora tutti lì, in mezzo a quelli degli altri, nella gran ridda di documenti pubblicati dagli hacker. Così si scopre che il sito per traditori tradiva sistematicamente la fiducia dei suoi utenti, nonostante le promesse di massima riservatezza sbandierate in home page. Alcune email pubblicate dagli hacker, inoltre, mostrano che – e qui c’è una certa ironia – prima di essere hackerati i dirigenti di Ashley Madison avevano violato o cercato di violare i siti della concorrenza, segno che non disdegnavano la pratica, fino a che non si è rivoltata contro di loro.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.