Una scena di Mrs. Doubtfire

Lo YouPorn immobiliare esiste e ha sede a San Francisco

Michele Masneri

Simbolo del mostruoso aumento dei prezzi nella Silicon Valley, è stata venduta per 4 milioni di euro (4,15 milioni di dollari) la casa dove fu girato il celebre film con Robin Williams del 1993

Mrs. Doubtfire non abita più qui. Simbolo del mostruoso aumento dei prezzi nella Silicon Valley, è stata infatti venduta per 4 milioni di euro (4,15 milioni di dollari) la casa – salone e 4 camere da letto – a San Francisco dove fu girato il celebre film con Robin Williams del 1993. Posta nel quartiere iperborghese di Pacific Heigths, dove ha sede anche il consolato italiano, la casa di Mrs. Doubtfire era una specie di monumento nazionale sanfranciscano anche perché aveva mantenuto l’indirizzo reale anche nella finzione filmica. L’immobile vittoriano, trionfo di bow-window aggraziati e abbaini zuccherosi, al 2640 di Steiner Street, era divenuta meta di pellegrinaggio dopo il film di Chris Columbus che aveva celebrato il talento di Williams, qui nella doppia parte di papà affezionato e marito squattrinato che si era reinventato badante inglese (Iphigenia Doubtfire, appunto). Oggi con quel film si andrebbe forse in galera, più che con l’ultimo “Moana” della Disney che campeggia nei cartelloni pubblicitari in California e che in Italia avrà un titolo diverso (la stessa cosa era successa con la Fiat Ritmo, chiamata in America “Strada” perché Ritmo era nome di una ditta di profilattici in voga). Il figlio Doubtfire scopriva infatti il padre-Iphigenia in bagno a fare pipì in posizione eretta, e minacciava di chiamare la polizia, mentre oggi un papà trans qui nella Baia sarebbe il non plus ultra di chic e up-to-date.

Quanta acqua è passata sotto i ponti: soprattutto quanto sono salite le quotazioni immobiliari. Il casone marzapanico era passato di mano l’ultima volta nel 1997 per 1,4 milioni di dollari, e c’è anche chi gioisce, oggi, perché pare che la casa fosse in vendita da mesi a 4,45 milioni, e dunque sarebbe una chiara prova che la bolla immobiliare sta per esplodere (nella Baia gli articoli sui prezzi al metroquadro sono più cliccati dei link sporcaccioni, e c’è una app apposita, Zillow, per voyeur immobiliari). In questi Monti parioli sanfranciscani, però, il mattone difficilmente crollerà. Staranno tranquilli dunque gli abitanti, che a parte i consolati annoverano la ex presidente della Camera Nancy Pelosi, il boss di Oracle Larry Ellison, il capo designer di Apple Jonathan Ive e il principe delle tenebre siliconvallico Peter Thiel, grande investitore nell’hi-tech e unico qui ad aver endorsato Trump (sulla magione sovrintende il cuoco milanese Bruno Soleri). Oltre alla scrittrice di polpettoni di massimo successo Danielle Steel, già moglie del cospicuo capitalista di ventura Tom Perkins. La casa non si sa a chi sarà venduta, se all’ennesimo billionaire tecnologico, dei tanti qui malvisti arrivisti immobiliari (come Mark Zuckerberg nel quartiere ex sgarrupato di Mission, trattato da burino dai residenti riflessivi).

La signorilità del quartiere deriva anche dall’essere praticamente l’unico sopravvissuto al terremoto di 110 anni fa che rase al suolo la città; e alligna forse un genius loci imprenditoriale-tenebroso, tra i vialetti di bosso maniacalmente tenuti e le Tesla che ansimano su per le salite. Sarebbe infatti quartiere ricco di fantasmi; forse quello di Robin Williams, che qui venne celebrato con lumini e fiori all’epoca del suo suicidio, due anni fa; di certo più antico sarebbe lo spettro di Mary Ellen Pleasant, nata nera e schiava durante l’Ottocento della corsa all’Oro e poi diventata imprenditrice nei servizi: fece causa alla locale azienda dei trasporti pubblici che non la trasportava, e poi piazzò una serie di ex schiavi neri nelle grandi famiglie della città realizzando una specie di startup dello spionaggio signorile (si dice che facesse anche riti voodoo, ma dev’essere senz’altro una post-verità).

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