Foto: www.pikkart.com

L'intelligenza artificiale che “aumenta” giornali e cartelli e quella che impara a riconoscere gli oggetti

Stefania Nicolich

In Italia, l’AI si sta sviluppando e sta emergendo con delle startup interessanti

L’intelligenza artificiale (AI) è ormai ovunque. Secondo i dati “State of AI 2018” di CB Insights, più di mille e cento start up hanno raccolto il loro primo finanziamento in capitale dal 2016, sono stati finanziati quindici miliardi nel 2017 – un aumento del 141 per cento rispetto all’anno precedente – e più di 300 start up hanno aderito a programmi di incubazione nel 2017, tre volte maggiori rispetto a quelli del 2016. La domanda di talenti nel campo della AI sta superando notevolmente la disponibilità di ricercatori qualificati. Un esempio del suo potenziale è quello dell’industria cinese Tianyuan Garments Company che ha impiegato le macchine della SoftWear, start up che ha progettato un modo di cucire in maniera automatizzata prodotti tessili e manifatturieri. In questo modo, sono riusciti a creare una T-shirt in ventidue secondi, producendone 800 mila in un giorno per Adidas. La Cina, infatti, mira a essere il leader del settore entro il 2020, ha già superato il mercato degli Stati Uniti per l’ammontare dei finanziamenti.

In Italia, l’AI si sta sviluppando e sta emergendo con delle startup interessanti.

 

Pikkart è una sorta di sartoria della visione artificiale”, spiega al Foglio Luigi Clivati. Usa la tecnologia del deep learning, grazie ad algoritmi che permettono l’autoapprendimento.

 

Pikkart offre due tipi di tecnologie: Pikkart AR Logo, che permette di aggiungere informazioni a un’immagine grazie al riconoscimento di variazioni nella micro trama. Si scarica un’app e tramite la fotocamera dello smartphone che “scansiona” l’immagine, si può accedere al mondo virtuale. Una tecnologia applicabile nei campi della comunicazione, dell’editoria e del marketing: per fare un esempio, dal giornalino cartaceo aziendale di IBM ora si possono aprire contenuti multimediali aggiuntivi. Usando lo stesso metodo, si è applicata questa tecnologia ai cartelli stradali per i disastri naturali, come ad esempio quelli dei tornado shelter, per fornire informazioni in tempo reale sulla classe di un tornado in arrivo e capire se è il caso di rifugiarsi.

 

Ci sono anche applicazioni interessanti in campo medico: analizzando la foto della suola delle nostre scarpe si possono avere informazioni sul nostro stato di salute capendo, da come viene consumata, se distribuiamo il peso in maniera corretta e se invece si ha la necessità di una visita dal medico per correggere la postura.

 

La seconda tecnologia, invece, è Pikkart AR Discover, utilizzata per riconoscere gli oggetti in modo “umano”. A differenza dei concorrenti, che devono addestrare l’algoritmo facendo una serie di fotografie agli oggetti, a loro ne basta una, al massimo due. Quello che caratterizza, infatti, l’intelligenza artificiale è proprio il metodo di apprendimento con cui l’intelligenza diventa abile a eseguire un compito. Questa applicazione è perfetta per la navigazione. Difatti, in uno spazio tutto uguale senza nessun punto di riferimento come potrebbe essere un deserto, Pikkart ha permesso la navigazione tramite l’invio di dati in tempo reale da dei droni.

 

Manca l’hardware

 

Gli obiettivi di questa start up sono due, da un lato industrializzare il prodotto, e grazie a una partnership con IBM offrono già il loro framework di realtà aumentate all’interno del Cloud IBM.

 

L’altra strada è quella, invece, al servizio delle industrie per la creazione di una sorta di manuale delle istruzioni virtuale. Un’assistenza per piccole manutenzioni di piccoli oggetti, guida passo a passo per cambiare la lampadina dell’auto fino al montaggio di un motore per un operaio di un industria. Un settore in crescita, che si riflette nella volontà da parte di IKEA di sviluppare un’assistenza più interattiva per l’assemblaggio dei mobili. 

  

Al momento stanno lavorando anche a due progetti Horizon 2020 per integrare la tecnologia a un ambiente che ne è tendenzialmente ostile come l’Opera. Per visualizzare i sottotitoli, di solito, si esce con il torcicollo dal teatro o si perde la maggior parte dello spettacolo. La soluzione sarebbe un’integrazione con degli occhiali per facilitarne la visione.

 

L’altro progetto riguarda sempre l’uso di un visore che permetterebbe di immedesimarsi completamente in uno degli attori sul palcoscenico. Clivati spiega: “A livello di AI, il software è pronto, manca la parte dello sviluppo dell’hardware. E’ sicuramente utile e facile avere un’app sul proprio cellulare per accedere alla realtà virtuale ma ci sono delle esperienze che richiedono lo sviluppo di un hardware diverso, come ad esempio quello degli occhiali”.

 

Se volete conoscere il loro personaggio 3D James e il team dietro dal 5 al 10 giugno si troveranno al padiglione di Unicredit a Milano per IBM Think.

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