Non solo Google e Facebook. Così l'italiana PagineSì! si è ritagliata un primato nella pubblicità online

Paolo Cellini
La pubblicità online in Italia vale circa 2 miliardi di euro nel 2014, con una crescita del 12,7 per cento sul 2013 (dati Iab): è il quarto mercato europeo per dimensioni dopo Regno Unito, Germania e Francia.

    La pubblicità online in Italia vale circa 2 miliardi di euro nel 2014, con una crescita del 12,7 per cento sul 2013 (dati Iab): è il quarto mercato europeo per dimensioni dopo Regno Unito, Germania e Francia. La pubblicità online ha due macrosegmenti: nazionale e locale. La pubblicità online nazionale è dominata nel mondo, ma anche in Italia, da due aziende media/tech: Google e Facebook che da sole raccolgono più del 50 per cento degli investimenti con una concetrazione che non ha precedenti nella storia. Ci sono poi circa 2-3.000 grandi aziende italiane che investono, come ad esempio le società di telecomunicazioni, automobili, assicurazioni, banche, ognuna con budget molto rilevanti (tipicamente milioni di euro per azienda) e un’audience-target fatta da circa 30 milioni di italiani che vanno online ogni mese (dati Audiweb).

     

    In estrema sintesi si puo’ dire che la pubblicità online nazionale è un macro- segmento con le stesse caratteristiche in Italia e nel mondo: altissima concentrazione in pochissimi media, e con qualche migliaio di aziende medio grandi che investono budget rilevanti.

     

    La pubblicità online locale vede invece, come investitori, le piccole e medie aziende che normalmente sviluppano il fatturato con clienti che vivono nella prossimità delle aziende stesse. In Italia questo macro-segmento vale circa 600 milioni di euro e vi investono moltissime piccole e medie aziende, circa 600.000, con un investimento medio piuttosto contenuto, intorno ai 1.000 euro all’anno (detto Arpa, acronimo di Average revenue per advertiser). E forse è l’unico mercato online dove due aziende italiane sono leader. Una delle due, PagineSì!, è un caso unico: una start up diventata in breve tempo il numero due nel paese nella pubblicità locale online. Fondata a Terni  per iniziativa e intuizione di Sauro Pellerucci, che ne è presidente e proprietario, ha tutte le caratteristiche tipiche di una start up.

     

    Poca cassa per investire nei prodotti; deve essere dirompente rispetto al mercato esistente per crearsi uno spazio; deve realizzare prodotti innovativi da vendere velocemente (i cosiddetti minimum viable products); deve sviluppare un nuovo modello di azienda leggera e veloce (la cosiddetta lean start up), anche perché ha di fronte un gigante (Seat Pagine Gialle) che fattura centinaia di miliardi di euro, che ha diverse centinaia di migliaia di clienti e più di mille agenti (la incumbent company) rispetto alla quale deve risultare dirompente. Ma proprio in questo mercato frammentato in centinaia di migliaia di piccole aziende potenzialmente clienti, PagineSì! vede l’opportunità per una forte crescita, combinando con precisione due tipologie di innovazione radicale: business model innovation, cioè l’identificazione di un segmento target di clienti poco servito o sotto-servito; e process innovation, cioè processi produttivi innovativi. Infatti PagineSì! fin dall’inizio mira a un nuovo modello di business, che chiamerei personalizzazione di massa, basato su quattro elementi chiave: un target geo-demografico molto preciso, le piccole imprese dislocate soprattutto nei comuni medio-piccoli; rapporto prezzo/qualità dei prodotti pubblicitari senza precedenti e attrattivo; processi produttivi informatici e decisionali veloci e semplici; un servizio pre e post vendita molto personalizzato, centrato sui bisogni del singolo cliente. L’effetto combinato delle innovazioni di mercato e di processo ha garantito finora il successo dell’azienda: da 0 a 24 milioni di euro (2014) di fatturato, senza debiti, con circa 400 agenti in 80 province e oltre 60.000 clienti, principalmente piccole e medie aziende.

     

    Paolo Cellini è professore di Economia digitale alla Luiss, autore di “Economia digitale. L’industria e i mercati di internet e dei nuovi media” (Luiss University Press)