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londra
Il Natale del Chelsea: maglie, libri e un po' di magia urbana
Il club londinese trasforma i cortili e i salotti di Londra in piccoli stadi, affrontando solitudine e povertà educativa. Tra storytelling e beneficenza, il calcio diventa mezzo per regalare un linguaggio comune tra generazioni
A Londra il Natale del calcio, quest’anno, non comincia da un cross ma da un pianerottolo. Nel corto The Magic of Blue, prodotto da Chelsea F.C. e Chelsea Foundation, c’è una bambina, un vicino anziano e un regalo che diventa la cosa più bella del mondo: una maglia blu. Da lì in avanti il salotto di una casa qualsiasi si trasforma nello Stamford Bridge in miniatura: le pareti diventano tribune, il giardino è il campo, i rumori di casa si mescolano ai cori. La bambina scopre che la solitudine si può aggirare anche con un finto dribbling. Il vicino, invitato a pranzo, scopre che il Natale non è solo una data ma un posto a tavola.
Non è solamente storytelling da ufficio marketing. Il club e la Foundation scelgono come bersaglio esplicito la solitudine urbana: una ricerca commissionata dalla Greater London Authority stima in 700mila i londinesi che si dichiarano “spesso o sempre soli”, con il 15% degli over 65 e il 9% dei giovani che passeranno il Natale senza alcuno accanto, come ricorda anche il Policy Institute del King’s College.
Nel 2024 il Tottenham Hotspur ha pubblicato The Socks That Saved Christmas, una favola prodotta in house, letta in video da Son Heung-min, Ben Davies e Lenna Gunning-Williams, in collaborazione con il National Literacy Trust. La storia è quella di due amici, Remi e Sam, e di un paio di calzettoni biancoblu condivisi. Sotto la trama zuccherosa – amicizia, rinuncia, regalo che cambia la giornata – c’è il dato secco: nel Regno Unito un bambino su dieci non possiede neanche un libro, percentuale che sale a uno su otto nei contesti più poveri.
Si potrebbe liquidare tutto come CSR patinata: il brand che si lava la coscienza d’inverno per tornare a vendere terze maglie in primavera. E in parte è vero, il Natale è da sempre la stagione alta dell’autoassoluzione collettiva, anche nel calcio. Ma le due campagne raccontano qualcosa di più preciso: gli Spurs hanno scelto la povertà educativa, il Chelsea l’isolamento degli adulti. In mezzo c’è la constatazione che una squadra di calcio, in una metropoli diseguale, è ancora uno dei pochi ‘luoghi’ in cui bambini e anziani condividono un linguaggio comune: i nomi dei giocatori, i colori, un inno cantato in metropolitana.
C’è anche un dettaglio politico, in filigrana: a parlare non sono gli influencer di turno ma le fondazioni e le charity partner, che portano sul tavolo dati, ricerche, budget. Il racconto sentimentale serve a far passare un messaggio quasi burocratico: donare libri, donare calore, donare tempo. Il calcio che diventa mezzo di trasporto per beni di prima necessità emotiva.
Per una volta, insomma, la maglia di Natale non è solo un pattern brutto da esibire su Instagram, ma il biglietto d’ingresso a una storia un po’ più grande. Il rischio di retorica è altissimo, certo. Ma se a Londra, tra una tazza di tè e un ‘pezzo’ di calcio, un bambino scopre un libro nuovo grazie agli Spurs e un pensionato trova un posto a tavola grazie al Chelsea, allora qualcosa del vecchio spirito del gioco – comunione, non solo consumo – è sopravvissuto anche all’era dei Christmas special.
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