Ansa
Il foglio sportivo
I primi sei mesi di Buonfiglio al comando dello sport
“Non c’è nessun fantasma di Malagò. Con la politica c’è tanto dialogo. Con Binaghi pure. E al calcio dico che per costruire un percorso diverso ci vuole una strategia condivisa che permetta di far crescere i vivai", afferma il presidente del Coni
"È tutto molto intenso, davvero impegnativo, ma estremamente gratificante”. Luciano Buonfiglio gioca d’anticipo sulla domanda relativa ai suoi primi sei mesi da presidente del Coni. “Non potete immaginare che emozioni ho provato in questi sei mesi. Praticamente tutti i giorni. Una cosa che non avrei mai immaginato”.
Ci sarà stata un’emozione maggiore delle altre?
“Il primo incontro con il presidente della Repubblica. In quel momento ho percepito quale responsabilità avevo. Con il presidente Mattarella non puoi fare brutte figure, perché rappresenta tutto il nostro paese e quando hai questo onore devi saper ripagare chi ti ha accolto a casa sua”.
Incontri ed emozioni a parte com’è il palazzo del Coni visto da quell’ufficio?
“Ho trovato una squadra meravigliosa. Col segretario generale Mornati, con Danilo Di Tommaso, con la preparazione olimpica, con gli affari legali, con i logistici. Tutti hanno condiviso dal primo giorno quella che io chiamo sfida e non avventura”.
Perché?
“Perché l’avventura non sai come va a finire, le sfide invece se vuoi le vinci. Ma lo devi volere insieme agli altri. Il fil rouge di questi sei mesi posso riassumerlo in una parola: armonia”.
Parla della grande squadra del Coni. L’ha trovata più forte di quello che si aspettava vedendola da fuori?
“Quando vai all’estero ti accorgi di quanto siamo rispettati. Pochi giorni fa siamo stati in India, un paese da un miliardo e quattro di persone che ci ha ricevuto con tutti gli onori, chiedendoci di aiutarli a sviluppare lo sport”.
Le capita di sentirsi dire… ma ai tempi di Malagò… ma quando c’era Malagò… cioè c’è ancora il fantasma di Malagò nel palazzo oppure si è dissolto?
“Ai tempi di Malagò c’ero anch’io e quindi nessuno mi può venire a parlare di fantasmi. Lo conosco, lo apprezzo e mi fa piacere che il presidente Malagò mi stimi e a sua volta mi apprezzi. È un privilegio poter incontrare spesso i miei predecessori: Carraro, Malagò, Petrucci, Pescante. Rappresentano un patrimonio”.
Come va il rapporto con la politica?
“Noi dobbiamo anche rispondere a quei 14 milioni di italiani che fanno attività sportiva, alle 116.000 società sportive. E dialogare con tutti ci sta riuscendo semplice. Parliamo con il ministro dello Sport, con quello delle Finanze, con il ministro degli Esteri e con quello della Sanità. E anche con il ministro Giuli con il quale abbiamo posto le basi per fare il museo dello sport. Sembra strano, ma in Italia manca...”.
Il rapporto con la politica sembra insomma sono sotto controllo, quasi che prima ce l’avesse con la persona che sedeva al suo posto e non con l’istituzione.
“È un discorso nel quale preferisco non scendere nei dettagli. Ma io credo che lo sport sia una parte fondamentale del nostro paese e quindi debba esser vissuto come un partner per il governo. Abbiamo competenza, professionalità, presenza capillare sul territorio e quindi siamo a disposizione per qualsiasi tipo di progetto del governo, del ministero dello Sport Abodi o di altri ministri”.
Sembra che la politica per adesso la sia stata a sentire.
“Sono stato capace di trasferire loro la nostra visione e dal 2027 la finanziaria ci riconoscerà 10 milioni in più, portando il contributo a 55. Un successo, come il fatto che, se approvato dal Parlamento, il 26,5 per cento degli incassi di Win for Italia team andranno a noi”.
Siamo pronti per Milano-Cortina, ormai mancano meno di due mesi?
“Sono sicuro che faremo qualche cosa di meraviglioso. Qualcuno prima di me ha detto che siamo campioni del mondo dell’ultimo momento. Anche questa volta, ma non all’ultimo momento, arriveremo ben preparati”.
E che Olimpiade ci aspetta?
“Saranno un’Olimpiade e una paraolimpiade che lasceranno una legacy sul territorio con tante cose e ci sarà un bel ritorno per l’immagine dell’Italia e del mondo”
Ha detto dopo la scelta dei portabandiera, sono felice ma non felicissimo. Quanto è stata dura dire a Sofia Goggia che non sarebbe toccato a lei?
“Sono stato felice perché la prima medaglia l’abbiamo già vinta con Federica Brignone. Non sono felicissimo perché avrei voluto dare almeno altre due bandiere, però accontentiamoci di aver ottenuto dal Cio di averne quattro e questa è una bella vittoria anche personale”.
Ha detto due bandiere in più, una era per Sofia Goggia e la sesta per chi sarebbe stata?
“Ci sono alcune cose che devi tenere nel cuore e questa è una di quelle”.
Alla fine la scelta dei quattro portabandiera, Brignone, Fontana, Pellegrino e Mosaner ha accontentato tutti. Lei era democristiano?
“Più che democristiana la definirei una scelta di rispetto dei valori delle due federazioni e dell’equità di genere”.
Quale immagine di sport sceglie come immagine di copertina del 2025?
“Non è facile perché l’Italia sta vincendo ovunque, ci siamo qualificati anche per i Mondiali di cricket. Potrei scegliere la fiaccola olimpica che sta girando il paese. È una fiaccola con 10.000 tedofori, ma un’anima sola”.
Una scelta simbolica che non scontenta nessuno.
“Provate a chiedere ai pallavolisti, agli schermidori, ai ciclisti, ai nuotatori… Ne accontenteresti uno, scontentandone 100”.
A proposito di vittorie come vanno i rapporti con Binaghi?
“Eccellenti. Avevo timore di chiedere di andare alle Finals a Torino. Mi dicevo se vado e poi Sinner perde mi tronco la carriera. Ho scritto ad Angelo chiedendogli la possibilità di assistere. Mi ha detto: con molto piacere. Sono andato, Sinner ha vinto. Non potevo cominciare meglio”
Adesso non potrà più fermarsi…
“Ho già annunciato la mia presenza agli spareggi per i Mondiali di calcio e poi con la pallanuoto a Belgrado, con la Nazionale di rugby oltre ad esser presente 24 ore su 24 all’Olimipiade”.
Un parco giochi…
“È un piacere poter vivere sul palcoscenico dove ci sono queste sfide. Il presidente del Coni ha un accredito che gli consente di andare ovunque e di abbracciare da vicino gli atleti appena dopo una vittoria. E quella è la gratificazione più bella che ci possa essere per un dirigente sportivo”.
Visto che lei ha vissuto anche dall’altra parte, è una gratificazione anche per l’atleta quell’abbraccio?
“Penso di sì perché in quel momento rappresenti anche il tecnico, l’allenatore, la famiglia, tutti quelli che hanno contribuito al suo successo”.
C’è qualche immagine che invece vorrebbe cancellare da quest’anno?
“La morte di alcuni atleti a cui sono andato al funerale. Sono momenti terribili, prima di tutto perché non si può sopravvivere ai figli. Sono momenti terribili perché giovani nel pieno delle forze, nell’attività sportiva che è un valore, purtroppo vengono strappati e ci vuole tanta fede per andare avanti”.
Qual è la cosa più importante che ha fatto in questi sei mesi?
“Essere riuscito ad andare alla recita del mio nipotino. Avere una famiglia come la mia serve a rimanere con i piedi per terra”.
Il 2025 è stato un altro anno di successi con l’eccezione del calcio. Se dovesse andare male interverrà lei o lascerà fare al ministro Abodi?
“Innanzitutto penso che la Federcalcio è guidata molto bene dal presidente Gravina. Seconda cosa, vorrei dire anche che tante Nazionali giovanili sono protagoniste. Si dovrebbe condividere con la Lega un piano per il futuro”.
Ci dica che cosa ha in mente?
“Io ho visto vincere l’Italia due volte i Mondiali e a quei tempi c’erano sempre i blocchi di un club. Oggi è difficile trovare una squadra che possa dare un blocco intero alla Nazionale. Per costruire un percorso diverso ci vuole una strategia condivisa che permetta al calcio di far crescere i vivai. Perché quando puoi scegliere tra quattro alternative, sei sicuro di scegliere qualcuno di veramente bravo. Ma se in quel ruolo fai fatica a trovarne anche uno solo…”.
Una promessa per il 2026 da presidente del Coni, per lo sport.
“Che riesca a mantenermi sempre obiettivo, a non essere influenzato negativamente. Che prevalga il merito in qualsiasi decisione, con trasparenza e rispetto, Per tutti. Non ci sono la Federazione più bella e la Federazione meno bella, l’ente di promozione, la disciplina associata... Dobbiamo essere convinti che la prima parola è il rispetto”.
Torniamo al concetto di squadra.
“Perché il bene più prezioso di un’azienda, di una società sportiva, di un’associazione sono le persone che ci lavorano. È fondamentale il coinvolgimento delle persone. Quindi dico meritocrazia e trasparenza, cercando di mettere tutti nelle condizioni migliori per poter dare il meglio”.
Sembra di capire che il suo obiettivo sia sempre mettere il Coni davanti al presidente?
“Assolutamente sì. A me piace gioire, ma con gli altri, perché da solo è veramente limitativo”.