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il foglio sportivo

La crisi della Fiorentina sa tanto di déjà-vu

Francesco Gottardi

Il monito di Daniele Carnasciali, in campo con la maglia viola durante l’ultima retrocessione: “La squadra non può ripetere gli errori di presunzione che a noi costarono la categoria, quasi senza rendercene conto fino al fatto compiuto”

A volte la storia sembra ripetersi. Forse. “Speriamo di no”, dice Daniele Carnasciali, in campo con la maglia viola durante l’ultima, impronosticabile retrocessione della Fiorentina. Stagione 1992/93. “Anche noi eravamo costruiti per andare in Europa, dopo una super campagna acquisti e un’estate entusiasta”. Come quella del Pioli bis, quasi 90 milioni dilapidati sul mercato e la scritta “Champions” ben impressa dall’allenatore sulla lavagnetta dello spogliatoio. Tre mesi prima dell’esonero e di una spirale da incubo, che nemmeno con l’arrivo di Vanoli pare placarsi. Nessuno, nella storia della Serie A, si è mai salvato senza ottenere neanche una vittoria dopo 14 giornate. E con 6 punti appena. “Qualcosa si dev’essere rotto all’interno del gruppo. Altrimenti un crollo del genere è inspiegabile: ora si fa dura, non vedo dei giocatori consci di essere lì a lottare per non retrocedere. Sono convinti di essere una buona squadra. Ed è questo il peccato più grave: urge un’inversione mentale, si rischia grosso”.

                        

 

Carnasciali oggi ha 59 anni, gestisce uno stabilimento balneare a Castiglione della Pescaia (Grosseto) e segue il calcio “a debita distanza. Ma questa Fiorentina non può ripetere gli errori di presunzione che a noi costarono la categoria, quasi senza rendercene conto fino al fatto compiuto”, il monito dell’ex difensore al Foglio sportivo. “Tutto quel che poteva girare male, ci girò male: la Serie B a Firenze, con quella rosa, chi mai l’avrebbe immaginata?”. In effetti. Carnasciali arrivò proprio in estate, insieme a profili del calibro di Ciccio Baiano, Brian Laudrup o Stefan Effenberg – gli ultimi due reduci dalla finale degli Europei vinti dalla Danimarca. E soprattutto, in attacco c’era già Batigol. “Tutti i presupposti per fare bene. E infatti iniziammo alla grande”. Il paradosso, rispetto all’attualità, è che quella viola a Capodanno era perfino seconda. Giocava un bel calcio, offensivo e spregiudicato: mancava solo la continuità, incitavano i tifosi. “Eravamo capaci di perdere 3-7 in casa contro il Milan – quello dei record, Van Basten, Papin – e poi di rifarci battendo la Juve”, consueta estasi cittadina. Il successivo appuntamento al Franchi – 14esima giornata, 3 gennaio ’93 – è quello dello sfacelo. “La classica partita storta, contro l’Atalanta: palo, traversa, dominio del gioco. Loro segnarono sull’unico tiro in porta”. Un passo falso che diventa harakiri. “Noi con Gigi Radice in panchina stavamo benissimo, c’era atmosfera e gli stranieri rendevano tanto”. Il problema è che non si trovava bene Vittorio Cecchi Gori, l’istrionico figlio del patron Mario, ormai factotum del club. “Al fischio finale esonerò l’allenatore: una scelta devastante, che rovinò tutto”.

Subentrò Aldo Agroppi. E dopo nemmeno un minuto della gara successiva – presagio nefasto –, la Fiorentina passò in svantaggio. “Ricordo ancora la battuta del mister a Udine: “Questo gol qui è ancora figlio di Radice!”. Era simpatico, Aldo. Senza peli sulla lingua. Alla fine però di gol ne prendemmo quattro”. E la Fiorentina andò nel pallone. “I big s’incepparono, gli episodi ci remarono contro, subentrò il nervosismo e l’allenatore non riuscì a gestirlo. In allenamento ci spronavamo a vicenda, compatti: poi in partita si palesavano difficoltà inattese. La foto della stagione sempre contro l’Atalanta, al ritorno: ko allo scadere per autogol di Batistuta. Uno scherzo del destino”. Seguì una condanna rocambolesca, all’ultima giornata, per classifica avulsa sfavorevole nonostante il rabbioso 6-2 rifilato al Foggia. “Noi siamo retrocessi, io rimasi in B con la squadra e così persi la convocazione ai Mondiali”, che anche allora si sarebbero disputati negli Stati Uniti. “La colpa fu nostra, in tanti come me sentirono la responsabilità di restare: Bati, Baiano, Effenberg”. Uno squadrone fuori categoria, da immediato ritorno in A. “Ma stavolta, invece? Altri uomini e altri tempi, quelli dei procuratori: ci sarebbe un fuggi fuggi clamoroso. E allora diventa dura ricostruire”.

Kean e soci hanno ancora il futuro nelle proprie mani, la classifica resta corta. “Magari a gennaio azzecchi i rinforzi giusti e cambia tutto”, si augura Carnasciali. “Però è importante non ricadere negli sbagli. A partire dalla società: Cecchi Gori nel bene e nel male era un dirigente presente, bravo poi a ripartire da un profilo come Ranieri, avete visto come ha rigenerato anche la Roma? Da quell’anno di purgatorio abbiamo gettato le basi per vincere Coppa Italia e Supercoppa”. Tra gli ultimi trofei della storia viola. “Oggi però non vedo nessuno metterci la faccia. Serve gente di calcio, che vive il campo tutti i giorni”. E non in videocall dagli States. “Ormai va dato tempo a chi c’è, anche se il tempo è poco: se la Fiorentina non farà una presa di coscienza, so già come andrà a finire. Io l’ho vissuto. E lo metto per iscritto”.
 

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