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Ecco come si può vincere il Mondiale con la Ferrari

Umberto Zapelloni

Si chiude una stagione deprimente in F1. I segreti della squadra di Coletta dominatrice dell’Endurance

Ad Abu Dhabi stanno per andare in onda i titoli di coda su una delle stagioni più deprimenti della storia recente della Ferrari. Un anno passato di delusione in delusione senza lo straccio di un’assunzione di responsabilità di Fred Vasseur, l’uomo che da tre anni gestisce la Scuderia e soprattutto con poche speranze di assistere a una resurrezione l’anno prossimo quando il campionato vivrà una rivoluzione regolamentare mai vista prima. Sembra quasi che in Ferrari abbiano dimenticato come si vince, che a Maranello non sappiano più costruire auto da corsa vincenti. Eppure non è così, perché da quelle parti c’è un’isola felice, quella che in tre anni ha conquistato tre volte la 24 ore di Le Mans e quest’anno il Mondiale Wec (piloti e costruttori). Non stiamo parlando di corse con i sacchi, ma di gare contro costruttori che si chiamano Toyota, Porsche, Cadillac, Bmw, Alpine, Peugeot e Aston Martin. La Ferrari che ha stravinto è quella di Antonello Coletta, il manager che ha saputo scegliere il meglio in circolazione per realizzare quello che era stato anche un grande sogno di Enzo Ferrari: vincere Le Mans e il Mondiale Endurance, quello con gare lunghe 24 ore che con i ritmi di oggi sono come 12 Gran premi di Formula 1 in un giorno.

 

          

 

Coletta, 58 anni, laurea in economia e commercio, passato da pilota di kart, in Ferrari dal 1997, dai tempi di Montezemolo e Todt ha trovato attorno a se le migliori competenze a disposizione per realizzare il progetto che il presidente Elkann gli aveva autorizzato con un’intuizione di cui gli va dato atto e merito. Coletta ha trovato in Ferdinando Cannizzo un responsabile tecnico straordinario, poi si è rivolto a Dallara per realizzare il telaio e ad Amato Ferrari per gestire la squadra in pista. Si è costruito il suo dream team completandolo con i piloti in cui aveva fiducia da anni, non con le stelline cadenti che qualcuno gli aveva suggerito. “Abbiamo avuto un team che ha lavorato in maniera impeccabile – racconta Coletta – chiaramente abbiamo commesso anche noi qualche errore, perché tutti sbagliamo, però quando abbiamo sbagliato abbiamo cercato di fare tesoro dei nostri errori, di correggerli e di mettere in pratica subito delle soluzioni alternative per non farne più”. Antonello Coletta non fa alcun riferimento alla Formula 1, quelli li facciamo noi perché le differenze saltano subito all’occhio come due anni fa a Imola quando la Ferrari gettò via una gara già vinta per colpa di un pilota che non volle rientrare ai box mentre arrivava la tormenta.

Coletta si assunse tutte le responsabilità. Chiese scusa a nome del team. Dell’errore dei piloti si seppe solo molto dopo e non da lui. Questo è fare squadra non dare di volta in volta la colpa a un ingegnere andatosene da sei mesi, ai piloti, alle temperature, alla pressione delle gomme. Ogni riferimento alla Formula 1 è fortemente voluto. Il manifesto di Coletta è semplice da spiegare (magari meno da realizzare, ma lui lo ha fatto): “Siamo un team relativamente giovane però partiamo da lontano perché abbiamo fatto tanti anni di gavetta nel campionato Gt. Abbiamo uno zoccolo duro di persone che lavorano assieme da più di dieci anni ed è stato il miglior modo per costruire la squadra dell’Hypercar. L’abbiamo costruita basandoci chiaramente molto sulle competenze, ma anche sui rapporti umani. La cosa fondamentale per tutti noi è quella di lavorare in armonia, di lavorare in team, di riconoscere anche tra di noi quando commettiamo degli sbagli. Ma non c’è mai stata la caccia al colpevole. Qui o si vince o si perde e non è uno slogan. Questo modo di ragionare aiuta a crescere e a sviluppare tutte le competenze che ci sono all’interno dell’azienda e ce ne sono tantissime. Abbiamo anche cominciato a inserire parecchi giovani perché bisogna costruire anche la squadra del domani, non possiamo pensare solo all’oggi”. Mentre Coletta racconta con semplicità il processo che lo ha portato a costruire una squadra vincente, il pensiero corre dall’altra parte della strada, al nuovo edificio della Gestione sportiva, là dove nascono le Formula 1.

Sembra un altro mondo, un altro modo di ragionare. Eppure certe regole del motorsport dovrebbero funzionare in ogni categoria. “Il nostro mix mi sembra che stia funzionando, per cui io credo che il segreto del nostro successo per sintetizzare sia: lavorare veramente molto, molto uniti, senza andare a creare quegli eventuali orticelli o separazioni in casa che sono poi ciò che alle volte fa implodere le squadre stesse”. Coletta si riferisce solo al lavoro fatto per realizzare la triplice impresa di Le Mans, ma è chiaro come la sua ricetta potrebbe funzionare anche in Formula 1. Perché come ripete lui, spalleggiato anche da Ferdinando Cannizzo: “In Ferrari le competenze ci sono. Noi abbiamo lavorato con il team di Formula 1 per la parte elettrica e con gli uomini della produzione per il motore. Il nostro progetto ha davvero coinvolto ogni settore dell’azienda e ne siamo orgogliosi”. La 499 P è un progetto Ferrari, realizzato con la collaborazione del meglio in circolazione, un progetto nato bene anche se, ricordano i diretti interessati: “La prima volta che abbiamo vinto Le Mans eravamo arrivati alla gara senza riuscire a completare una simulazione di 24 ore… siamo riusciti a mettere tutto insieme nel posto e nel momento giusto. Il primo anno abbiamo vinto solo a Le Mans, il secondo a Le Mans e a Austin, il terzo a Le Mans e altre tre volte che avrebbero potuto essere anche quattro…”. Un crescendo continuo con una macchina che è migliorata continuamente e non verrà stravolta neppure nel 2026. Così come non verranno cambiati i piloti, quelli di cui Coletta è decisamente orgoglioso: Pier Guidi-Giovinazzi-Calado e  Fuoco-Nielsen-Molina. Tre italiani su sei perché Coletta ha sempre avuto un occhio di riguardo per i nostri piloti: “Io non guardo soltanto la prestazione sul giro – spiega Coletta - perché nelle gare endurance bisogna guardare un po’ a  tutto. Quest’anno sicuramente Giovinazzi sulla 51 e Nielsen sulla 50 hanno veramente fatto una crescita importante, concretizzando le esperienze delle stagioni precedenti”. Ma i piloti (non ditelo al presidente) non sono un problema neppure per la Formula 1. Però se c’è una Ferrari che sa vincere perché non provare con il copia incolla?

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