Ansa
il foglio sportivo
Zola e la sua vita piena di magie
Un viaggio tra i ricordi, dalla forchetta caduta a terra durante la cena con la Regina Elisabetta fino alla scelta di lasciare un club che puntava a vincere la champions per una squadra di serie b
L’uomo delle magie, tra palla e rispetto. In campo e fuori. “Ho avuto anche passaggi difficili. Sardità, carattere ed educazione mi hanno salvato. Ringrazio i miei genitori Ignazio e Giovanna, la famiglia e gli amici”. Gianfranco Zola, dna che sa di buono e di umiltà. In un caleidoscopio di luoghi e personaggi griffati racconta a mezza voce di quando a Buckingham palace, cena di gala con la Regina Elisabetta, che lo riconosce e gli dice “The italian footballer!”, gli cade la forchetta e non sa cosa fare. Oppure, della chiamata di Elton John che lo scorge in platea alla Royal Albert Hall e lo invita per strimpellare assieme “Your song”. Momenti che Magic box archivia. Tra i tanti, ci sarebbe Peter Gabriel, frontmen dei Genesis, che ammira il muro scrostrato dove il numero 10 calciava per ore. C’è, ed è bello e sincero, il rapporto con Paolo Fresu, raffinato trombettista di una terra incantata. Ma Gianfranco, per Jazz in Sardegna a Puntaldia, ha declinato l’invito a suonare. “Un aggettivo? Curioso. Ho la tempra giusta per guardare avanti”. Adesso, con gli amici, tra questi Gianluca Vitali, gira il mondo con le mazze da golf. Dalla Scozia, nel club di Donald Trump agli Stati Uniti, sempre con il presidente a due passi. Long Island, per trionfare nella Ryder cup, da autista di Francesco Molinari: “Mi sono divertito molto!”. Il tour, con la moglie Franca, bussola inestimabile di casa Zola, è stato una mini vacanza. I figli? Andrea insegna golf, Samuele studia musica, Martina, terza nel 2023 ai Mondiali di jiu-jitsu a Las Vegas, è negli States.
Il fantasista di Nuorese, Torres, Napoli, Parma, Chelsea e Cagliari, 59 anni, ha chiuso la carriera pallonara con 798 gare e 238 reti. In Nazionale 35 e 10. Tra Inghilterra – 229 gare e 59 reti, in Premier è l’italiano che ha giocato di più – e Italia ha colto 10 trofei. Dallo scudetto di Napoli alle coppe con il Chelsea. Con i Blues, da vice di Maurizio Sarri, ha vinto l’Europa League. Talento, altruismo e rispetto. Ma anche lavoro, salite e angoli bui. “Penso all’addio al Parma. E alla Nazionale: l’assurdità del “rosso” con la Nigeria a Usa ’94. Era il 5 luglio, il mio peggior compleanno! Poi, il rigore che il tedesco Köpke mi ha parato agli Europei ’96. Con l’Italia avrei voluto dare di più. Ma non ho mai mollato: dopo i Mondiali, a Parma siamo giunti secondi, vinto Coppa e Supercoppa Uefa. Ho segnato 19 gol e sono arrivato sesto al Pallone d’oro”. Gli occhi del baronetto dei Windsor brillano. Onestà e garbo. “Il gol partita a Wembley con l’Italia? Tra i miei più cari. Ero da poco al Chelsea, John Terry e gli altri pensavano di stracciarci. In Premier non scordo la rete al Norwich di tacco: era il pensiero per un piccolo tifoso, stroncato da un brutto male”. Si ripassa dal Cagliari, riportato in A dal numero 10 con Reja in panca. “Avrei potuto giocare un altro anno. Ho chiuso con la doppietta alla Juventus a Torino. Avevo 38 anni”. Era l’undici di Capello, costretto al pari al Sant’Elia con un gol di testa di Zola tra i giganti Buffon, Thuram e Zebina: “Ho ringraziato Brambilla, il cross era perfetto”.
Di quegli anni circola un aneddoto. Roman Abramovic, neo patron del Chelsea, su input di José Mourinho, chiama Massimo Cellino, presidente dei sardi: “Mi ridia Zola!”. Al no di Cellino, la replica: “Allora compro il club, quanto costa?”. Il ricordo suscita un sorriso: “Mi chiesero di tornare, avevo già dato la parola al Cagliari. Rimpianti? No. Lasciare un club che puntava a vincere la Champions per la B, è stato anomalo. Una scelta di cuore”. Il Chelsea degli italiani, da Di Matteo a Vialli: “Con Gianluca ci siamo confrontati con rispetto. Un ricordo? Cercavo casa a Londra, mi porta al ristorante giapponese e mi fa provare il wasabi. Ne misi così tanto sul pane che quasi finii in ospedale!”. Un appeal speciale, quello con i tifosi inglesi. Alla British library, raccolta fondi per il restauro di volumi antichi, Zola ha messo su più sterline di Sean Connery e Kathleen Turner. “Misero a posto un volume che parlava della Sardegna” sminuisce. Si ripassa dalle gioie. “Maradona è stato la mia fortuna. Diego e Careca erano fenomenali. Altri grandi? Paolo Maldini e Roby Baggio: unici”.
Sir Zola ha giocato negli anni dei numeri 10 Totti, Del Piero, Mancini. “Uno stimolo, ho imparato da tutti”. I big? Ronaldinho l’ha voluto alla partita d’addio, Kevin Keegan ha detto che “ha tirato fuori dalla scatola dei trucchi cose che al calcio inglese hanno fatto bene”, Franco Baresi diceva che a tu per tu ha temuto solo Maradona, Francescoli e Zola. “Grandi campioni, parole eccessive”. L’attualità dell’olianese è dettata anche dalla vicepresidenza della Lega Pro guidata da Matteo Marani. “Matteo è un treno, c’è da fare. Non so di politico e nasco nella C: giovani, tecnica e gestione sana sono gli obiettivi”. Infine, un giochino. Mister 10 ci pensa: “Avrei voluto giocare con Ronaldo il fenomeno. Tra quelli in attività, con Kvaratskhelia: ricorda George Best. I miei migliori undici? Buffon, Ferrara, Baresi, Desailly, Maldini, Lampard, Albertini, Di Matteo, Maradona, Roby Baggio e Asprilla. In panca, Peruzzi, Benarrivo, Francini, Poyet, Wise, Casiraghi, Vialli, Careca. E io”.