
Jadon Sancho dell’Aston Villa si assicura il suo mini parastinco alla gamba (foto Getty Images)
il foglio sportivo
Aiuto, sono spariti i parastinchi!
Ormai vanno di moda quelli minuscoli che proteggono molto meno le gambe
In principio fu Omar Sívori. O, per meglio dire: anche se non c’è certezza che sia stato davvero lui a dare inizio a questa usanza, è indubbio che il primo grande calciatore a scendere in campo con i calzettoni abbassati sia stato el Cabezón. Sivori poteva permetterselo. Ai suoi tempi, infatti, non esisteva ancora l’obbligo di indossare i parastinchi.
Tale obbligo, a livello internazionale, è stato inserito dalla Fifa a partire dal 1990, in vista dei Mondiali che si disputarono in Italia. Il motivo? Principalmente per prevenire la trasmissione dell’Hiv. Da quando infatti venne scoperto l’Aids la Federazione calcistica internazionale e le varie federazioni locali si sono adoperate per cercare di evitare un possibile contagio sul terreno di gioco.
L’idea dei parastinchi obbligatori arrivò perché si era notato come le ferite alle tibie fossero le più frequenti sui campi da calcio e come i materiali utilizzati per contenere le emorragie (in primis le vecchie spugne) non fossero adeguati, perché non sterilizzati.
Nonostante qualche perplessità dei calciatori l’obbligatorietà non era una novità in senso assoluto. Già la Federazione svedese, infatti, aveva provveduto a stabilirla due anni prima, nel 1988.
Per le società poi non era certo un problema. Anzi, con le protezioni calzate, c’erano maggiori probabilità di difendere tibie e peroni dei giocatori da eventuali contrasti duri. I parastinchi quindi come una sorta di protezione dell’investimento fatto sul proprio giocatore.
Di per se stesso, il parastinco non è un’invenzione recente. Il primo a indossarlo fu infatti Samuel Widdowson, difensore del Nottingham Forest, nel 1874. Ex giocatore di cricket, Widdowson decise di scendere in campo con uno strumento in grado di proteggere la gamba che si era rotto proprio praticando il cosiddetto gioco dei gentiluomini.
Da allora è passato parecchio tempo e ora si torna a parlare di parastinchi, perché stanno lentamente scomparendo o, più precisamente, si sono ridotti di dimensioni. Non esiste infatti una misura standard, a differenza di quanto accade per le protezioni impiegate in altri sport di contatto.
A tal proposito infatti il regolamento Fifa dice soltanto che i parastinchi devono essere realizzati con “materiale idoneo” e avere “dimensioni appropriate”. La responsabilità della funzionalità o meno dei parastinchi ricade sui calciatori.
Secondo quanto riportato dal Telegraph, la scelta del tipo di parastinchi da adottare dipenderebbe dalla comodità o da motivi di superstizione e non verrebbe quindi fatta per ragioni di sicurezza.
La tendenza del momento è quella di usare dei modelli che coprono a malapena le caviglie. Questa è la scelta effettuata da tanti giocatori famosi, a partire dall’inglese Jack Grealish, il cui stile caracollante con palla al piede, accompagnato da calzettoni abbassati e mini parastinchi è divenuto iconico oltremanica. Ma una scelta come quella di Grealish è effettivamente utile? Oppure è solo una moda?
“Io alleno l’Under 17 élite dell’Inter – dice Beppe Bergomi, ex bandiera nerazzurra e attualmente commentatore Sky – Anche loro utilizzano questi parastinchi. A me non sembra una cosa buona, perché non proteggono. Quando giocavo io usavo un parastinco che proteggeva tutta la tibia e che, addirittura, andava a proteggere anche la caviglia. Mi trovavo bene e non avevo nessun tipo di fastidio nel giocare”.
“Ti racconto un aneddoto”, prosegue Bergomi. “Hugo Sánchez (goleador del Real Madrid e del Messico) metteva i parastinchi davanti e dietro. Per dirti come ragionavano una volta gli attaccanti”.
“In teoria oggi, con i regolamenti attuali, possiamo pensare che ci siano meno interventi duri, rispetto a un tempo. Però ciò non toglie che non sia una cosa fatta bene quella di avere queste mini protezioni. I miei ragazzi mi dicono che lo fanno per praticità, perché si muovono meglio. Però ripeto, non mi sembra una bella trovata”.
Da un ex difensore ad un ex attaccante. “Ai miei tempi i parastinchi erano più invasivi – afferma Fabio Bazzani, commentatore Dazn – Quelli con l’allacciatura dietro potevano anche dare problemi al polpaccio. E infatti a volte li slacciavamo. Tutto però si evolve e si cerca di migliorare gli strumenti a disposizione. Così è stato anche per le scarpe e i palloni”.
“L’importante è che al centro di tutto ci sia la sicurezza. Se si è trovato un modo per essere meno invasivi ma, allo stesso tempo, avere una certa protezione, allora ci può stare”.
Favorevole all’innovazione è anche Angelo Gregucci, ex difensore della Lazio e, in passato, anche collaboratore tecnico di Roberto Mancini.
“Dobbiamo contestualizzare. Anche per me, quando giocavo, il parastinco non era un compagno di lavoro comodo, perché il fatto che coprissero anche la caviglia li rendeva particolarmente rigidi. Era più l’ingombro che procurava che la protezione che dava”.
“Era talmente fastidioso che, quando diventò obbligatorio, c’era qualche compagno di squadra che si presentava in campo con la gommapiuma, facendo finta di indossarne uno regolare. L’arbitro non si accorgeva di nulla”
“Il titanio ha cambiato tutto – dice Gregucci – Il parastinco è diventato più leggero. Col titanio quindi abbiamo avuto leggerezza e protezione e si è trovato un equilibrio fra la necessità di proteggere le tibie e quella di garantire libertà di movimento al giocatore”.
“Non penso che per i calciatori di oggi i parastinchi siano un problema come invece lo erano per i calciatori degli anni Ottanta”.
Nonostante queste considerazioni, anche Gregucci ammette che, però, i mini parastinchi qualche inconveniente lo presentano. “I giocatori sono più protetti dal gioco duro? Sì, ora i giocatori sono più tutelati a livello regolamentare (senza contare le telecamere che riprendono ogni cosa). C’è però una controindicazione da considerare, vale a dire la velocità. Nel gioco attuale è aumentata. Gli impatti sono fatti da atleti più strutturati e a velocità maggiori e sono quindi più violenti”.