Gennaro Gattuso (LaPresse)

Il foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Il doppio sguardo di Gattuso

Alessandro Bonan

Da parecchio tempo soffre di miastenia oculare, una malattia autoimmune che gli provoca uno sdoppiamento della vista. Vede dove altri semplicemente sorvolano. Guarda il campo e guarda all’uomo, entra nell’anima e cura il corpo

C’è un che di indefinito nello sguardo di Gattuso, qualcosa che lo catapulta nell’immenso e nel vuoto. Uno sguardo che va oltre, supera il profilo dell’orizzonte e si perde chissà dove. Tutti chiamano Gattuso con il soprannome di Ringhio, giocando sulla distorsione del nome e sull’espressività vagamente farsesca di una bocca serrata con tanti denti. Lo ritraggono all’interno di una allegoria che si completa con il pugno a martello girato verso l’alto, come a dire “ti meno, se non fai come dico io”. A me, di questa figura, non colpisce quasi nulla, se non la sua inevitabile declinazione parodistica. 

 

Quello che invece colgo è appunto l’indefinito. Cosa c’è oltre il suo sguardo perduto? Gattuso soffre da parecchio tempo di miastenia oculare, una malattia autoimmune che indebolisce i muscoli degli occhi e delle palpebre. A volte si riacutizza, provocandogli una sorta di sdoppiamento della vista. Ecco, mi spiego, Gattuso ci vede doppio, o meglio il doppio, rispetto a un allenatore qualsiasi. E in questo doppio ci metto anima e corpo. Gattuso vede dove altri semplicemente sorvolano. Guarda il campo e guarda all’uomo, entra nell’anima e cura il corpo. Come un brillante signore di quella che una volta veniva chiamata genericamente “società”, si mette in relazione agli altri con successo, mostrando la sua qualità più importante: l’empatia. Gattuso è un empatico, contrariamente alla facile narrazione che viene fatta di lui, figlia del “ringhio”. L’empatico nasce così, non diventa, e nemmeno si cura di possedere chissà quali conoscenze. L’empatico è colui che comprende i sentimenti altrui, li condivide, e poi se li addossa, se mi passate il termine. Ha una grande capacità di ascolto e di visione. Guarda fuori e dentro (la doppia vista), e non ti giudica, semplicemente partecipa alla tua gioia, al tuo dolore, alla tua morale, alla tua emotività, al tuo carattere. Come un camaleonte, l’empatico cambia a seconda della scena e degli interlocutori, “si fa altrui”.

 

Definisce se stesso attraverso gli altri, applicando un principio di vita sacrosanto, in quanto la nostra esistenza si sviluppa dentro i confini del prossimo, valicandoli a volte, trattenendosi dal farlo in altre. Noi siamo quello che siamo, in relazione agli altri, e l’egocentrico può tranquillamente andare a farsi benedire. Gattuso è, in quanto fortemente connesso con il prossimo. E quindi sì, ci vede doppio, lui e gli altri, ottenendo dai suoi giocatori la fiducia che gli serve per esercitare il suo comando. Perché a chiunque piace godere dell’ascolto, e parlo dell’ascolto come uomo, di un capo (ma vallo a spiegare ai capi di oggi). Gattuso ci porterà ai Mondiali (me lo sento) e lo farà proseguendo a rinfocolare gli animi sopiti degli Azzurri. Sperimentando con il coraggio di chi guarda oltre, come nel caso di Kean e Retegui, per la prima volta schierati dal primo minuto. Due numeri 9 solitamente scissi, che messi insieme formano, guarda caso, un doppio.

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