La nazionale femminile inglese, neo-campionessa di UEFA Women's EURO 2025, celebra la vittoria fuori Buckingham Palace (Getty Images) 

that win the best

L'Inghilterra femminile campione d'Europa: e allora?

Jack O' Malley

Trattiamo la vittoria con la giusta misura e pensiamo che tra poco comincia il calcio serio

Fatemi alzare in cielo una pinta della birra migliore per Philip Patrick, che sarà pure scozzese, ma dice le cose come stanno. Patrick non è un attaccante dell’Aston Villa che non avete ancora sentito nominare, ma un giornalista che sullo Spectator ha scritto quello che molti pensano, ma quasi nessuno ha il coraggio di dire. La premessa è che l’Inghilterra femminile è campione d’Europa, e ha vinto nella maniera meno british possibile: ai calci di rigore. Al netto delle cazzate sul fatto che i maschi non vincono niente dal 1966, alzare un trofeo è sempre una bella cosa e Kelly resta la mia seconda bionda preferita. 

 
Ora però bisogna evitare gli eccessi retorici che tanto piacciono ai media con il problema di ripulirsi la coscienza maschilista: scrive il buon Patrick che “i media ci diranno che il torneo è stato un glorioso successo, ma come sempre con il calcio femminile bisogna resistere alle esagerazioni. Passeggiando per Londra ieri non ho visto praticamente alcuna prova che la nazione stesse per giocare una finale continentale importante. Se i pub avevano intenzione di trasmettere la partita, non lo pubblicizzavano. Il torneo nel suo complesso è stato molto seguito negli stadi, ma i biglietti per la finale erano disponibili fino al calcio d’inizio, a 50 sterline”. La verità è che anche da noi, dove se apri il Guardian sembra che sia l’unico sport praticato in Inghilterra, il calcio femminile è seguito poco, interessa a un 17 per cento di britannici in gran parte maschi (lo stesso appeal che avrebbe avuto la prima giornata di Serie A giocata negli Stati Uniti, come ha detto il vostro presidente Ezio Simonelli al Corriere, immaginando forse code chilometriche ai botteghini in Iowa per uno sfolgorante Pisa-Cremonese). 

  
Non solo, lo scorso anno qui da noi c’è stato un calo di spettatori negli stadi per le partite femminili, e il fatto che il movimento cresca nei follower su TikTok è utile al massimo per un articolo di Wired. Partendo da queste premesse, chi racconta le gesta pallonare delle ragazze dovrebbe fermarsi al dato sportivo e di intrattenimento, senza spacciarlo come “grande progetto di ingegneria sociale” (ancora Patrick) che permette alle bambine di realizzare i propri sogni senza essere ostacolate dalla tradizione patriarcale, né usarlo come cavallo di Troia per battaglie su diritti e minoranze. Anche perché fa oggettivamente ridere che a esaltare il calcio giocato dalle donne come strumento per portare avanti politiche identitarie siano quelli che alla domanda “che cos’è una donna?” fischiettano e fanno i vaghi. Per fortuna tra poco ricomincia il calcio serio, e finalmente la smetterete di esaltarvi per dei 9-0 in amichevole, o di leggere l’ennesima intervista a qualche ex calciatore che racconta aneddoti che ha già raccontato venti volte negli ultimi dieci anni. 

  
Tra undici giorni c’è Paris Saint-Germain-Tottenham per la Supercoppa europea. Con un solo problema: si gioca in Italia. Io ho già iniziato il conto alla rovescia. 
 

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