
Foto tratta dal profilo X @1913parmacalcio
Carlos Cuesta ha già imparato che in Serie A è meglio parlare il meno possibile
L'allenatore del Parma sarà anche giovane, il più giovane tecnico negli ultimi 85 anni del campionato italiano, e alle prime armi, ma ha dimostrato scaltrezza e di maneggiare l'arte di parlare per non dire (quasi) nulla
Si è presentato senza far troppo rumore Carlos Cuesta. Il nuovo tecnico del Parma, annunciato a sorpresa dalla società emiliana una settimana fa, era atteso nella conferenza stampa di presentazione con particolare curiosità, sia per via della sua giovanissima età – a 29 anni sarà il più giovane allenatore della Serie A negli ultimi 85 anni – sia per il suo curriculum peculiare - ha già allenato in tre paesi diversi, avendo iniziato all'età di 18 anni, ma questa è la sua prima esperienza da allenatore capo. Invece, le sue prime parole sono state piuttosto cifrate: Cuesta è rimasto molto abbottonato su parecchi temi.
Accompagnato in conferenza stampa dalll'amministratore delegato del Parma Federico Cherubini, che l'aveva “scoperto” quando lavorava all’Atletico Madrid per poi portarlo alla Juventus, Cuesta ha deciso di tenersi le sue migliori cartucce per il futuro, in particolar modo per il campo. L'introduzione di Cherubini è stata chiara: Cuesta non è un “colpo ad effetto”, non è una mossa fatta per stupire, bensì una decisione mirata e fatta sulla base delle idee. Scelta che Cherubini, proprio in virtù del pregresso con Cuesta, rivendica con forza. Il dirigente umbro ha spiegato come la variegata esperienza dell’allenatore spagnolo con squadre giovanili (all’Atletico Madrid ha allenato il calcio di base, alla Juventus è stato vice dell’Under 17 e collaboratore dell’Under 23) e prime squadre (è stato vice allenatore di Arteta all’Arsenal per cinque anni) tornerà utile ad un gruppo giovane e da plasmare.
Quando interpellato, Cuesta ha mescolato le acque, dribblando molte domande mirate: in questo modo si è mostrato già ben calato nella realtà italiana e scaltro, consapevole che qualsiasi volo pindarico l'avrebbe già portato sotto i riflettori. Ha accennato a una formazione professionale che lo porta a guardare calcio e altri sport, senza specificare quali; ha glissato sull’ispirazione nei confronti di Mourinho, dichiarata da giovanissimo, spiegando come non abbia un allenatore nello specifico come modello; ha anche ribadito come nei suoi progetti non c'è un unico modulo principale né tantomeno principi di gioco intoccabili, ma bisogna saper interpretare ogni situazione specifica - così come non ci sono calciatori adatti al suo gioco, bensì è lui a doversi adattare al calciatore.
È stato molto diplomatico Cuesta, insomma, stracciando – per ora – l’etichetta che accompagnava il suo nome come allenatore verboso e ammaliante da ascoltare, etichetta proveniente in gran parte dalla visione di una scuola, quella spagnola, spesso bollata in Italia come fascinosa ed “esotica”. Un lato che, in futuro, potrebbe emergere alle giuste condizioni; per il momento, però, il coach maiorchino vuole giocare a carte coperte, probabilmente conscio di questo pregiudizio di stampa e opinione pubblica italiana.
In questo modo, Cuesta ha evitato di finire subito al centro dell'attenzione, togliendosi un primo fardello che gli permetterà, quantomeno nelle primissime battute, di lavorare con calma. La società del Parma gli ha affidato un progetto a lungo termine - ha firmato un contratto fino al 2029 - ma ciò non vuol dire che verranno messi in secondo piano i risultati nel breve, anzi: starà a Cuesta camminare sull’equilibrio sottile che chiede sì agli allenatori di creare valore, ma prima di tutto di ottenere quanti più punti possibili.