L'allenatore della Cremonese Giovanni Stroppa (foto LaPresse)

L'ultima promozione del cadetto Giovanni Stroppa

Marco Gaetani

L'allenatore ha portato in Serie A anche la Cremonese dopo esserci riuscito con Crotone e Monza. Potrebbe però non rimanere a Cremona

Vederlo in campo quando giocava, soprattutto quando poteva andare in giro da una parte all’altra con la maglia numero 10 sulle spalle, era un piacere per gli occhi. Non sapevi mai cosa aspettarti da Giovanni Stroppa: Arrigo Sacchi lo aveva addestrato da ala da utilizzare alla bisogna in caso di assenza di Roberto Donadoni, Zdenek Zeman lo aveva scelto per l’ennesima incarnazione del suo Foggia. Nelle sue vene, però, scorreva un calcio selvaggio: inviti geniali per i compagni, soluzioni a effetto, persino conclusioni meravigliose e scellerate da centrocampo.

 

Forse è per questo che fa strano vedere lo Stroppa allenatore, metodico, concentrato sul concetto di squadra, ormai specialista della cadetteria. Domenica sera, mentre un popolo impazziva di gioia per la promozione arrivata grazie alla sua regia, in sala stampa ha avuto la sportività di tendere la mano al collega sconfitto, Luca D’Angelo, l’allenatore dello Spezia che proprio contro Stroppa aveva già perso una finale di playoff ai tempi del Pisa, quando Giovannino allenava il Monza. “Se avessi dovuto perdere, mi avrebbe fatto piacere farlo con lui”, ha detto dopo aver incassato l’omaggio di D’Angelo: “Giovanni è un allenatore migliore di me, ha fatto la differenza: lui, con Grosso e Inzaghi, vince i campionati, ed è anche una brava persona”. Proprio come Inzaghi, inteso come Pippo, Stroppa sta diventando uno specialista della B, tipologia di allenatore che è sempre esistita e, a quanto pare, sempre esisterà, nonostante gli anni che passano e il calcio che evolve.

   

Ha conquistato la Serie A alla guida del Crotone e del Monza, prima della Cremonese: lo scorso anno aveva perso la finale con il Venezia, quest’anno ha fatto i conti addirittura con l’esonero salvo poi tornare in sella. Quarto posto nel 2024, quarto posto nel 2025: alla fine il calcio è spesso questione di un pallone che entra o che non entra, e i minuti conclusivi della gara di La Spezia sono stati agonici, in preda al nervosismo di chi si gioca tutto dopo aver pregustato il trionfo, passando dallo 0-3 al 2-3 in un battito di ciglia.

 

Neanche il tempo di godersi la promozione in Serie A, che sulla testa di Stroppa hanno preso a volteggiare gli avvoltoi. Il curriculum nella massima categoria, del resto, non è dei migliori: tre vittorie in tredici panchine a Pescara nel 2012, sempre tre successi ma su ben ventiquattro partite a Crotone, la miseria di un punto in sei giornate a Monza. E se Inzaghi sembra aver deciso di non giocarsi la chance con il Pisa per fare volontariamente l’ennesimo passo indietro a Palermo, Stroppa pare destinato all’addio a Cremona a prescindere dalla sua volontà: c’è chi parla di Alberto Gilardino, chi ha fatto persino il nome di Davide Ancelotti.

 

Stroppa non ha gli occhi allegri di un italiano in gita come cantava Paolo Conte, ha piuttosto uno sguardo serio che può facilmente essere confuso con la tristezza. Se dovesse essere, ancora una volta, Serie B, si rimetterà al lavoro come ha sempre fatto: quando gli era sfuggita la Serie A dalle mani, ai tempi di Pescara, non si era fatto problemi nel ripartire da zero, tornando persino in Lega Pro, fino a prendere il Foggia per mano regalandogli il ritorno in B. Nella pancia del Picco è parso sorridente, ha scherzato sulla presenza della figlia in tribuna (“Era a Venezia l’anno scorso, non volevo venisse anche stavolta”), ha ripercorso una stagione in cui, parole sue, gli si era “tolta la terra da sotto i piedi” al momento dell’esonero. Si è diretto verso la notte della festa, consapevole che prima del domani viene l’oggi: “Per ora me la godo, poi vedremo”.

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