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Il Foglio sportivo – Storie di storie

Un altro 4 maggio a Superga

Mauro Berruto

Dalla testimonianza di Umberto Motto a una raccolta di testimonianze che rielabora la tragedia del 1949 e quel legame con i tifosi che ha del religioso, sacro e paradossale. Due libri dalla sterminata produzione letteraria che gravita intorno al Grande Torino

Finché mi sarà affidata questa rubrica, lo spazio della prima settimana di maggio sarà sempre dedicato all’unica squadra di calcio che compie ancora, a distanza di 76 anni, un miracolo laico: quello di entrare nel cuore, nella testa, nella pancia di migliaia di tifosi che, quella squadra, non l’hanno mai vista giocare e ne sono, tuttavia, follemente innamorati. Proprio come me

Della sterminata produzione letteraria che gravita intorno al Grande Torino (ricordo che il Toro è l’unica società calcistica ad avere, dal 2019, una “Biblioteca granata” aperta al pubblico con oltre 500 titoli che riguardano la storia del club) scelgo due libri che raccontano della vita e non della morte: Umberto Motto con Carlo Baroni, Il Toro all’improvviso. Io, capitano dopo Superga (Cairo editore, 2024), la storia del capitano delle giovanili del Torino che proprio quel 4 maggio 1949 decise di portare alcuni clienti dell’azienda paterna a Superga per mostrare loro Torino dall’alto, ma il maltempo ne impedì la vista, costringendoli a tornare giù. Al ritorno, trovarono una città disperata: l’aereo che trasportava l’intera squadra del Grande Torino, si era schiantato ai piedi della Basilica, alle 17.03. In quell’oceano di dolore la Primavera del Torino doveva sostituire la prima squadra fino alla fine del campionato e proprio a lui toccò di esordire con la fascia di capitano, quella di Valentino Mazzola. 

Dopo la carriera di calciatore Motto ricoprì anche un ruolo dirigenziale nel Torino, dal quale si dimetterà nel 1976 immediatamente dopo la vittoria del primo (e unico) scudetto granata dopo quelli del Grande Torino, come se si fosse chiuso un cerchio. Sembra un romanzo, invece è tutto vero: Umberto Motto oggi ha 95 anni ed è uno degli ultimi testimoni di quella storia leggendaria

Il secondo libro è di Stefano Radice (a cura di) Noi siamo il Toro. Memoria, identità e immaginazione del tifoso granata (Eclettica, 2016). Un libro diverso, che si distingue nella miriade di pubblicazioni sul mondo granata. Si affrontano temi come la memoria, cioè il modo in cui si ricorda, l’identità, il modo in cui si è e ci si percepisce e soprattutto l’immaginazione, come si pensa e si spera si potrà essere in futuro. Perché se molti libri sul Toro guardano quasi esclusivamente a un passato nostalgico, questa raccolta di testimonianze rielabora la tragedia del 1949 e quel legame con i tifosi che ha del religioso, sacro e paradossale. Stefano Radice e gli altri autori ci offrono un viaggio affascinante, colto, ma obbligatorio se si vuole razionalizzare il fenomeno dell’adesione “trascendentale” di un popolo a una squadra, raccontando gli effetti della reale e – allo stesso tempo metafisica – ascesa alla collina di Superga, rito religioso e immancabile di ogni 4 maggio o, almeno, “fatto sociale totale” come avrebbe detto Marcel Mauss.

Quando, domani, il capitano Duvan Zapata leggerà i nomi dei caduti stretto nell’abbraccio dei tifosi, proprio lì nel luogo della tragedia, con la potenza di una seduta terapeutica collettiva e di un’immersione in un mare di appartenenza, il miracolo laico si ripresenterà: essere tifosi del Toro, alla faccia dei risultati sportivi, non solo sarà ancora possibile, ma sarà la cosa più bella, romantica e struggente del mondo

Buon 4 maggio, fratelli e sorelle granata. E anche a voi, tifosi agnostici. 
 

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