tennis
La rivincita di Musetti, l'anti Sinner
Il tennista toscano si è spesso mostrato inconsistente, ha visto il compagno di Davis diventare numero uno mentre lui arrancava. Ma è ripartito dal basso e sul prato londinese ha trasformata una bellezza fine a se stessa in sostanza. Finalmente
Il talento è una condanna. Le vittorie precoci danneggiano più che aiutare. Chiedere conferma a Lorenzo Musetti, soprannominato Il Magnifico e mai a caso. È bella questa fotografia del tennis di casa nostra: da una parte il numero uno, l’efficienza e il lavoro al potere, dall’altra il numero 25 (che tornerà in top 20), pura bellezza, il tennis come esperienza che regala meraviglia, non statistica.
Lorenzo e Jannik. I fratelli d’Italia non potrebbero essere più diversi. A Wimbledon, dopo il match vinto contro Ben Shelton, Sinner ha detto ai microfoni: “Non sono uno che in campo dà spettacolo”. Musetti invece è one man show, non si rassegna alla logica dell’uno vale uno. Perché vincere un punto in modo scontato quando può perderlo in modo spettacolare? Per tanto tempo l’ex azzurrino è stato pura estetica, bellezza fine a se stessa e quindi poco efficace. “A volte sapere di avere a disposizione tante soluzioni può essere un vero casino” aveva sentenziato. Stupendo ed effimero, stupendo e poco consistente, nel momento della verità il ragazzo magico si è sempre perso, se si può considerare in maniera negativa una carriera che lo vede tra i primi 30 giocatori dal 2022, da quando ha vent’anni.
Prima della stagione sull’erba, non proprio la sua superficie preferita, il bilancio di Musetti era 11 vittorie e 15 sconfitte a livello Atp. Quanto basta per parlare di un’annata da dimenticare. E chissà come ci si sente quando non riesci a portare a casa due partite di fila mentre il tuo compagno di Davis vince e stravince, chissà come ci si sente ad avere un braccio da manuale e una testa che non riesce a seguirti fino in fondo. Poteva diventare una comune storia di talento sprecato made in Italy. Se non fosse che Lorenzo Musetti, di anni 22, a un certo punto si è stufato di essere bellissimo e basta, mentre i suoi avversari si preparavano per i migliori palcoscenici lui ha fatto marcia indietro, è tornato a competere nel circuito challenger (il gradino più basso del professionismo), ha giocato, ha lottato, si è trovato letteralmente inguardabile, ha perso e in alcuni casi ha perso anche male.
Lorenzo Musetti ha cominciato la stagione sull’erba da ex divo, ex enfant prodige, sfavorito nei pronostici. Un’alzata di spalle. L’altra faccia di una medaglia di successi e promesse esaudite. I campi secondari, i primi turni, le imprecazioni a favore di telecamera, i trofei alzati dagli altri. È servito anche questo, scendere agli inferi del tennis, per darsi una chance di ritornare lassù. Musetti si è ritrovato sul verde, con 11 vittore e 2 sconfitte on grass. Semifinale a Stoccarda, finale al Queen’s e ora quarti a Wimbledon, per la prima volta in carriera. Alla fine del match vinto in rimonta contro il francese Perricard, il toscano si è sdraiato sull’erba, non è riuscito a finire il discorso, troppe lacrime. Ha ringraziato i suoi genitori per averlo sempre supportato, proprio come aveva fatto Jannik Sinner in Australia. Il figliol prodigo è tornato. E non è così diverso dal suo fratello gemello. I rimpianti sono diventati promesse.
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