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corsa all'Anello

L'Nba inizia a fare sul serio. Perché la corsa ai playoff sarà molto divertente

Francesco Gottardi

A Est spicca Boston davanti a Milwaukee, con Indiana e New York nel ruolo di outsider. Dall’altra parte è la solita bagarre, dove le prime di oggi (Minnesota e Oklahoma) rischierebbero perfino contro le ultime in corsa per l’anello (Lakers e Golden State)

All’inseguimento di Jokic, e dei suoi Denver Nuggets campioni in carica. Archiviato l’All-star game più patetico di sempre – punteggio inverosimile (211-186), difese in vacanza, addetti ai lavori in autoanalisi – l’Nba entra finalmente nel vivo e mette nel mirino la corsa ai playoff. Qui sì, c’è da divertirsi. Perché eccezion fatta per i Boston Celtics a Est, forti di 13 vittorie di vantaggio sulla soglia della qualificazione diretta, nessun’altra squadra può dirsi al sicuro. Fino a rischiare grosso, quasi senz’altro via play-in: gli Heat di Butler, i Lakers di LeBron, i Warriors di Curry. Un equilibrio d’altri tempi, senza favorite designate. Tra stato di forma e incognite infortuni. Fuoriclasse emergenti e veterani instancabili.

Di seguito l’istantanea prima della volata finale, con un terzo di partite ancora da disputare: le 32 franchigie vi arrivano così.

EASTERN CONFERENCE – Come si diceva, Boston e poi il resto. Tatum e compagni viaggiano con quasi l’80 per cento di successi, legittimando il miglior record della lega e candidandosi di diritto all’Anello: sarebbe una sorpresa non trovarli almeno in finale di Conference. Sullo stesso livello anche i Bucks dell’accoppiata Lillard-Antetokounmpo: fin qui hanno deluso, cambiando pure allenatore, ma in ottica playoff sono più attrezzati delle concorrenti. Si tratta di altre sei squadre simili in graduatoria: due di loro saranno costrette agli spareggi – Orlando e Miami, nel momento in cui scriviamo, ma la contesa è serrata.

Un paio di settimane fa la truppa più in palla sembrava Cleveland – 17 vinte su 18 prima dell’All-star game – ma è da vedere come reagirà alla pausa. E alla lunga convincono di più Indiana e New York: i giovani Pacers, già finalisti del torneo In-season, ruotano attorno al talento di Tyrese Haliburton; i Knicks invece hanno beneficiato dalle ultime trade, si godono un Jalen Brunson in formato Mvp e sognano in grande come il Madison Square Garden non faceva da tempo. Il rebus è se un pilastro come Julius Randle rientrerà dall’infermeria in tempo per i playoff. Domanda simile, ma più impellente, per Philadelphia: senza Joel Embiid, infortunato al menisco, i 76ers sono nel pieno di un netto calo di rendimento. Tra le sorprese iniziali si erano invece fatti notare i Magic, trascinati da Paolo Banchero: centrare i playoff da mina vagante sarebbe un bel traguardo. Lo stesso che si pone Miami, come al solito sorniona, col freno a mano tutto l’anno. Ma poi in odor di partita secca la banda Butler si trasforma: da ottava, l’estate scorsa centrò le finali Nba. Seguono a distanza di sicurezza Chicago e Atlanta: gli ultimi slot utili per la post-season dovrebbero essere loro – Brooklyn e Toronto, dietro, lasciano troppi punti per strada.

WESTERN CONFERENCE – La grande ammucchiata. Minnesota, Oklahoma, Denver e i Clippers hanno tutte assaggiato il vertice della classifica almeno una volta – e le prime due oggi conducono a braccetto. Basti pensare che tra i Timberwolves e i Kings (settimi, play-in) ci sono soltanto 6 sconfitte di differenza. E allora sì, conterà la tenuta fisica da qui ad aprile. Le suddette prime quattro, per ragioni diverse, non dovrebbero tradire. Ma in ottica anello meglio i Nuggets – che fin qui hanno preservato il miglior Jokic – e la Los Angeles di Kawhi, capace di trovare un’insperata alchimia di giocatori esperti. I Thunder di Shai e i T’wolves di Towns, per quanto arrembanti, in una serie playoff rischiano invece di pagare il fattore esperienza: soprattutto in un eventuale incrocio contro i Lakers o Golden State – che ora arrancano al nono-decimo posto, ma domani chissà. Tra quinta e ottava invece è bagarre: i New Orleans Pelicans hanno qualcosa in meno delle altre, da Sacramento a Phoenix, passando per i Dallas Mavericks di Doncic. Il bello del selvaggio West è che alla fine più o meno tutte le qualificate avranno velleità da anello. L’unico verdetto che si sta già delineando? Nessuno sembra più in grado di insidiare la top-ten: fino a poco tempo fa c’era Utah. Ma da quando hanno ceduto Fontecchio a Detroit, i Jazz sono colati a picco. Amen.

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