Foto Ap, via LaPresse

Nba Finals

Troppo Jokic per tutti. I Denver Nuggets conquistano l'Nba

Francesco Gottardi

Miami si arrende in gara-5 e la franchigia del Colorado esulta per la prima volta: attorno allo strapotere del centro serbo può aprirsi un nuovo ciclo vincente?

Il faccione del Joker in cima all’Nba. Non sono più solo statistiche da record e prestazioni da sballo: a Denver è arrivato l’Anello, per la prima volta nella storia della franchigia. E visto come questi Nuggets hanno regolato Miami in finale – un 4-1 d’autorità, netto, perfino agevole – viene da chiedersi se ci prenderanno gusto. Perché la squadra di coach Michael Malone sembra che non abbia fatto altro che vincere, quando invece ha appena iniziato a farlo. Splendido Jamal Murray, prezioso Micheal Porter Jr. E vabbè, per Nikola sono finiti gli aggettivi. Allora ne estrapoliamo uno, come si fa solo per i grandissimi dello sport: jokicciano.

Sembra il nome di un remoto extraterrestre. Che pure non è da escludere, numeri dei playoff alla mano. 30 punti, 13,5 rimbalzi e 9,5 assist di media (i 28-16-4 di gara-5, con un limpido 12/16 al tiro, sanno quasi di formalità). Jokic è l’unico giocatore nella storia delle Finals a realizzare una tripla doppia da 30-20-10 (nella decisiva gara-3), a cui se ne aggiungono altre due nelle serie precedenti. Fanno tre, sulle cinque mai registrate nella post-season Nba – le restanti arrivano da niente meno che Chamberlain e Abdul-Jabbar. E in queste 20 partite, dal primo turno contro i Timberwolves in poi, le triple doppie a sua firma sono 10: altro primato assoluto. Non vi chiediamo nemmeno chi è stato eletto Mvp all’unanimità.

     

Foto Ap, via LaPresse  
       

Ma ridurre il trionfo di Denver al dominio del centro serbo sarebbe fuorviante. Se non errato: nell’unica partita che ha visto Jokic caricarsi sulle spalle l’attacco dei suoi – come tutte le volte in cui ha superato i 40 punti in questi playoff – i Nuggets hanno perso. E quello poteva essere lo spartiacque della stagione, perché gli Heat, era gara-2, si ripresero il fattore campo grazie a una performance collettiva da manuale di pallacanestro. Vi seguirà invece una reazione altrettanto corale, con i campioni a Ovest straripanti in Florida per due volte. La quinta sfida, questa notte, di nuovo in Colorado, è stata forse la più rognosa a vedersi: squadre stanche, percentuali basse, punteggio pure. Ma alla fine Miami aveva le pile scariche, spuntarla su Boston in sette non è come liquidare i Lakers in quattro. I solidi gregari di Spoelstra sono mancati proprio sul più bello. E il solito Jimmy Butler si è svegliato tardi, per quanto da indomabile fuoriclasse: gli ultimi 12 punti di squadra sono stati suoi (9 nel resto della partita), fino alla tripla della disperazione che si è infranta sul ferro con le speranze di Miami.

Esulta Denver perché è stata la squadra più forte, e non di poco, sapendo gestire anche le situazioni più congeniali al suo avversario come i finali punto a punto. Proprio per questo, forse, non sono state le Finals più spettacolari e contendibili degli ultimi anni. È merito, non colpa, degli Heat. Che vi sono arrivati contro ogni pronostico, nonostante gli infortuni e un roster di gran lunga inferiore alle corazzate quotate per il titolo. Conquistare l’Nba da ottavi nel tabellone resta dunque un tabù – corsi e ricorsi ironici: 24 anni fa l’altra squadra a provarci fu New York, che andò a sbattere sull’accoppiata Duncan-Robinson; oggi invece, Duncan Robinson (nome e cognome) è stato l’estremo jolly pescato da coach Spoelstra nell’ultimo successo stagionale. “Non abbiamo rimpianti”, commenta infatti l’allenatore. “Sono grato a questi ragazzi per essere arrivati in fondo: il nostro percorso resterà negli annali”.

L’epica di chi ha perso, la pratica di chi ha vinto. “Va bene così, va bene così”, dichiara Jokic alla sua maniera, fresco di trofeo. “Il lavoro è compiuto. Ora possiamo andare a casa”. Dove l’aspettano i suoi cavalli, la sua famiglia, la sua quiete. Volete mettere, con l’anello atteso una vita?

Di più su questi argomenti: