Olive #22

Tijjani Noslin era un tipo abitudinario

Giovanni Battistuzzi

L'Hellas Verona continua a vendere giocatori e a comprarne altri. E in questo andirivieni di gente, Marco Baroni ha trovato l'ex ala destra del Fortuna Sittard

Una settimana fa Tijjani Noslin aveva due certezze: giocare all’ala, meglio se a destra, era la cosa migliore al mondo, almeno per uno come lui, e che a Sittard, nonostante quello che aveva pensato all’epoca del trasferimento da Utrecht, non si viveva poi male. 

A volte le certezze che uno si costruisce crollano all’improvviso e con le macerie tocca costruirne pian piano delle altre. 

Tijjani Noslin andava dicendo che era diventato un tipo abitudinario, molto diverso dal ragazzo che tre anni prima aveva lasciato Utrecht. Lì, a Utrecht, era uno spasso, uno che a divertirsi non ci pensava due volte. Avrebbe mai voluto lasciare Utrecht, soprattutto per andare a Sittard, che è graziosa ed elegante, certo, ma è pur sempre un mortuorio rispetto a dov’era. L’FC Utrecht però non bussò alla porta del DHSC Utrecht. Ci bussò il Fortuna Sittard. Tijjani Noslin fece due conti, e capì che tra la quarta divisione olandese e l’Eredivisie era senz’altro meglio la seconda, anche se questo voleva dire andarsene da una città divertente per finire in quel lembo di terra schiacciata tra Belgio e Germania che è il Limburgo. Terra da bicicletta, mica da pallone

Tijjani Noslin andava dicendo che era diventato un tipo abitudinario. Poi si è ritrovato in poco meno di una settimana in un nuovo stato, in una nuova città e in un nuovo ruolo. Soprattutto con attorno persone che non conosce e che soprattutto stanno cercando di conoscersi a loro volta. 

L’Hellas Verona continua a cambiare, è tutto un tripudio di macerie di certezze crollate tra le quali si aggira un uomo dalle idee chiare, dall’entusiasmo contagioso, capacissimo di tirare fuori il meglio da ognuno, ma che si guarda attorno senza più la voglia di lamentarsi per quello che sta accadendo. Marco Baroni aspetta pazientemente che sia febbraio, che il calciomercato finisca e con esso la razzia di giocatori. Lui nel frattempo si guarda in giro, osserva chi è rimasto, cerca di recuperare detriti, quantomeno per aggiungerli alla malta per far opus caementicium

E così nella mancanza di tempo e conoscenza, a volte è la prima impressione a contare. E, guardando Tijjani Noslin, Marco Baroni ha capito che uno con la sua velocità e la sua tecnica sarebbe potuto servire subito. Perché se l’Hellas Verona sino a quel momento aveva spesso fatto affidamento al vecchio stratagemma da calcio in parrocchia, ossia palla lunga al lungagnone, ecco che ceduto Milan Djuric tutto questo non c’era verso di farlo. 

Via al nuovo corso allora. Anche se si è a metà stagione, anche se non c’è certezza di chi rimarrà. 

E il nuovo corso si è aperto con davanti un ragazzo che si diceva abitudinario, che aveva imparato a scorrazzare a meraviglia sulla destra, ma che in poco tempo si è ricordato l’effetto che faceva giocare al centro. Perché è lì che aveva iniziato Tijjani Noslin. 

Era un ragazzino, era cresciuto prima degli altri e tra Den Bosch e OJC Rosmalen s’era fatto il nome di uno di quelli che sarebbero potuti diventare parecchio forti con la maglia numero nove sulle spalle. Poi gli altri erano cresciuti, e ben più di lui, e lui s’era trovato a prendere troppe botte dai difensori e a poter giocare troppo poco di dribbling e corse. Finì sulla fascia. 

Al Fortuna Sittard Tijjani Noslin era la variabile impazzita dello schieramento, l’uomo capace di tutto, e quindi anche di niente, in una trequarti fatta di gente altrettanto capace di tutto, e quindi anche di niente: Iñigo Córdoba e Alen Halilovic. Del croato, Tijjani Noslin è rimasto impressionato: “Fa cose ultraterrene con il pallone, cose che io non potrei mai imparare a fare”. 

Poco male, Halilovic è il passato, l’Hellas è il presente e ora deve imparare a fare solo una cosa: buttarla dentro. Perché se c’è qualcosa che non va a Verona è proprio questo: in attacco non c’è nessuno che la butta dentro. 

Ce la farà? Chissà, intanto si è preso un rigore (ma non era questa la giornata giusta per segnare i rigori), e s’è dato un gran da fare. Chi lo ha seguito in questa prima settimana veronese ha detto che ha potenzialità enormi e che ha tiro e potenza per togliersi parecchie soddisfazioni. Un anno fa funzionò con Ngonge. La speranza in riva all’Adige è che tutto questo si possa ripetere. 

       


         

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. La prima giornata è stato il momento di Jens Cajuste (Napoli). Il secondo appuntamento è stato dedicato a Luis Alberto (Lazio); nella terza giornata vi ha tenuto compagnia Ruggiero Montenegro con Federico Chiesa (Juventus); nella quarta è stato il turno di Andrea Colpani (Monza); nella quinta di Romelu Lukaku (Roma); nella sesta è sceso in campo Yacine Adli (Milan); la settima puntata è stato il momento di Albert Gudmundsson (Genoa); nell'ottava di Giacomo Bonaventura (Fiorentina); la nona ha visto scendere in campo Zito Luvumbu (Cagliari); la decima Matias Soulé (Frosinone); e nell'undicesima Riccardo Calafiori (Bologna); la dodicesima invece è stato il momento delle parate di Etrit Berisha (Empoli); la tredicesima è stata l'occasione per conoscere meglio Jeremy Toljan (Sassuolo); la quattordicesima ha visto segnare Lorenzo Lucca (Udinese), la quindicesima invece ha raccontato la crescita di Joshua Zirkzee (Bologna); nella sedicesima ha vestito la maglia di Olive Lautaro Martinez (Inter); nella diciassettesima si corso su e giù sulla fascia con Pasquale Mazzocchi (Salernitana); nella diciottesima è stato il momento di Matteo Ruggeri (Atalanta); nella diciannovesima quello di Ivan Ilic (Torino); nella ventesima abbiamo seguito le azioni di Sandi Lovric (Udinese); nella ventunesima le parate di Mike Maignan (Milan). Trovate tutti gli articoli qui.

Di più su questi argomenti: