Olive #20

Sandi Lovric riempie i vuoti dell'Udinese

Giovanni Battistuzzi

Il centrocampista sloveno porta avanti, forse inconsciamente, quel calcio mitteleuropeo e danubiano tornato in auge senza nessuna citazione

Sandi Lovrić non ha mai avuto fretta, perché sa che c’è un tempo e un luogo giusto per tutto. Sa anche che serve sempre fare ciò che si deve fare dove si può star bene. E lui è uno che sta bene dove tutto è tranquillo e ordinato, perché solo nella tranquillità e nell’ordine si può essere sereni. 

Sandi Lovrić è sereno, sta bene a Udine allo stesso modo nel quale stava bene a Lugano. E sta bene perché lì, e non sempre altrove, il calcio è uno sport e non una ragione di vita e la gente c’ha tante altre cose da fare e quasi tutte ben più importanti di una squadra di pallone. E sta bene lì anche perché i pieni di una città sono bilanciati dai vuoti che stanno attorno alla città e uno, in quei pieni e in quei vuoti, riesce a trovare la propria dimensione senza credersì o troppo pieno o troppo vuoto. 

È in quei pieni e quei vuoti che si muove Sandi Lovrić. Va così in campo e va così fuori dal campo. 

In campo Sandi Lovrić riempie i vuoti dell’Udinese: corre, pressa, recupera palloni. E prova a riempire anche i vuoti degli avversari: scatta, si fa trovare pronto, attacca la profondità oppure si allarga, insomma si fa trovare. E dopo essersi fatto trovare cerca gli altri oppure fa da sé. Gli riesce bene tutto. 

Sandi Lovrić è uno di quei giocatori che sopperisce con l’intelligenza tattica ciò che madre natura non gli ha dato, uno di quei calciatori che hanno capito benissimo che non serve essere fenomeni, che è sbagliato fare i fenomeni. Soprattutto che se non si è campioni la cosa migliore da fare è essere utili, il più utili possibile, perché si può diventare in un modo o nell’altro indispensabili. 

Fa nulla di nuovo, Sandi Lovrić. Fa solo quello che Hugo Meisl aveva stabilito come regola assoluta quando trasformò la Nazionale austriaca nel Wunderteam, la squadra di calcio più forte al mondo: “I ruoli sono una costrizione, io voglio una squadra che non abbia ruoli ma persone che sanno rendersi utili, che non abbiano paura di correre, giocare e soprattutto fidarsi in modo totale dei compagni”. 

Sandi Lovrić si fa trovare, ha fiducia nei suoi compagni, porta avanti, forse inconsciamente, quel calcio mitteleuropeo e danubiano tornato in auge senza nessuna citazione. Lui figlio della mitteleuropa, austriaco ma anche sloveno ma anche croato. Lui che adora Modric, che vorrebbe essere come lui pur sapendo che come lui non sarà mai. Proprio Modric espressione più pura di quel revival storico di un calcio spazzato via dalla storia ma che in qualche modo la storia l'ha fregata. 

 


   

Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. La prima giornata è stato il momento di Jens Cajuste (Napoli). Il secondo appuntamento è stato dedicato a Luis Alberto (Lazio); nella terza giornata vi ha tenuto compagnia Ruggiero Montenegro con Federico Chiesa (Juventus); nella quarta è stato il turno di Andrea Colpani (Monza); nella quinta di Romelu Lukaku (Roma); nella sesta è sceso in campo Yacine Adli (Milan); la settima puntata è stato il momento di Albert Gudmundsson (Genoa); nell'ottava di Giacomo Bonaventura (Fiorentina); la nona ha visto scendere in campo Zito Luvumbu (Cagliari); la decima Matias Soulé (Frosinone); e nell'undicesima Riccardo Calafiori (Bologna); la dodicesima invece è stato il momento delle parate di Etrit Berisha (Empoli); la tredicesima è stata l'occasione per conoscere meglio Jeremy Toljan (Sassuolo); la quattordicesima ha visto segnare Lorenzo Lucca (Udinese), la quindicesima invece ha raccontato la crescita di Joshua Zirkzee (Bologna); nella sedicesima ha vestito la maglia di Olive Lautaro Martinez (Inter); nella diciassettesima si corso su e giù sulla fascia con Pasquale Mazzocchi (Salernitana); nella diciottesima è stato il momento di Matteo Ruggeri (Atalanta); nella diciannovesima quello di Ivan Ilic (Torino). Trovate tutti gli articoli qui.

Di più su questi argomenti: