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sor carletto di spagna

L'effetto Carlo Ancelotti su Vinicius Junior e compagnia

Francesco Gottardi

Il Real Madrid ha vinto la Supercoppa di Spagna trascinata dal talento brasiliano e da un allenatore che fa divertire dentro e fuori dal campo i suoi giocatori

Carlo Ancelotti va capito, quando al termine di una trionfale Supercoppa di Spagna dice “Mi sento tra le nuvole”. Sceneggiatura migliore non poteva esserci: 4-1 al Barcellona, con tripletta del suo pupillo Vinicius Junior, “il giocatore più determinante al mondo”. Che apre le danze al minuto 7, col numero 7 in onore di Cristiano Ronaldo, esultando come CR7 nello stadio arabo – quello dell’Al-Nassr – dove il portoghese ha piantato le tende del suo buen retiro. Ecco: a ognuno il suo. E Carletto, a 64 anni, dimostra ancora una volta di aver scelto bene. Resistendo alle lusinghe della Nazionale brasiliana per chiudere la carriera a Madrid. “Sarà la mia ultima tappa, spero il più a lungo possibile”, dichiarava l’allenatore a Capodanno, fresco di rinnovo fino al 2026. Tempo due settimane e quelle parole si arricchiscono di un nuovo trofeo. L’undicesimo di Ancelotti col Real. Come Zinedine Zidane, nel giorno in cui supera il francese per presenze (264) sulla panchina dei Blancos.

C’è un motivo preciso, se Florentino Perez ha deciso anzitempo di prolungargli il contratto: Ancelotti continua a essere un formidabile coltivatore di talenti. In origine svezzò Crespo al Parma e Kakà al Milan, segnando un’epoca rossonera. Quindi Joshua Kimmich al Bayern – ‘esploso’ sotto la direzione emiliana – e Fabian Ruiz a Napoli. Fino al ritorno madrileno. Se infatti nel biennio 2013-15 Ancelotti era giocoforza gestore di una squadra pronta e stellare, oggi tiene in mano le chiavi della ricostruzione. Perché il Real aveva bisogno di riemergere da un prolungato anno zero – post Ronaldo, Ramos, Benzema –, allacciando il vecchio al nuovo senza perdere il vizio della vittoria. Da belle promesse quali erano, Vini Jr. e Rodrygo si riscoprono fuoriclasse. Jude Bellingham, arrivato in estate già con l’aura del predestinato, sfoggia una media realizzativa ronaldiana (17 gol in 21 gare stagionali). “Ha un che di Kakà”, si emoziona l’allenatore. “Carletto mi fa volare”, riconosce il fantasista. “Ha trovato la posizione giusta per me, dandomi piena libertà di gioco. Qui mi sento in famiglia”.

Altra parola chiave della dorata terza età ancelottiana. C’è uno spogliatoio di nipoti entusiasti, che stravedono per un nonno autorevole ma capace di distendere la tensione – aspetto fondamentale, nell’ansiogeno ambiente madridista. Carletto garantisce equilibrio, responsabilizza i singoli sotto il profilo tattico. E all’occorrenza, li fa divertire dentro e fuori dal campo. Foss’anche lasciandosi addobbare: l’occhiale da sole tamarro più poderoso sigaro in bocca, coi ragazzi festanti attorno a lui – dall’album dei ricordi Instagram di Vinicius, Champions League 2021 –, è l’immagine di un uomo disposto a parlare il loro linguaggio. E Carlo Ancelotti è un poliglotta generazionale. In questi giorni di sbornia rischia di sfuggire un dato importante: ha fatto il suo debutto in maglia blanca Arda Güler. Classe 2005, strapagato, attesissimo dopo un lungo infortunio. Qui c’è chi lo metterà nelle condizioni migliori di fiorire. Questo il Real lo sa, ed è questo che al Real interessa.

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